Il ddl “Buona scuola” è legge: 277 sì e 173 no hanno messo – tra le proteste delle opposizioni e degli insegnanti – la parola fine all’iter della riforma della scuola. Giornata incandescente, già dalle battute iniziali: Il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti, ha sospeso brevemente la seduta dell’aula di Montecitorio, durante le dichiarazioni di voto sul ddl Scuola. Poco prima aveva espulso il capogruppo della Lega Nord, Massimiliano Fedriga, in seguito alle proteste del gruppo che aveva esposto cartelli con su scritto “Giù le mani dai bambini”. Ancora più plateale la protesta inscenata dai deputati di M5S, tutti in piedi a declamare i tre articoli della Costituzione – 3 (principio di uguaglianza) , 33 e 34 (scuola pubblica e insegnamento) – secondo loro cancellati dalla riforma.
Testo blindato. Il testo approvato non aveva subito variazioni, dopo che nella seduta di ieri la Camera aveva respinto tutti gli emendamenti presentati, circa 70. L’approvazione non è stata, però, politicamente indolore, con cinque della minoranza Pd che non hanno votato e ben 24 assenti dall’aula per ragioni “politiche”. Tra questi – e probabilmente non è un caso – i dissidenti Roberto Speranza, Pier Luigi Bersani e Rosy Bindi. L’iter della Buona scuola è stato portato avanti a tappe forzate proprio per poter assumere più di 100mila precari già entro l’anno. Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha mostrato tutta la propria soddisfazione in un tweet: “Sì di @Montecitorio non è atto finale ma atto iniziale di un nuovo protagonismo della #scuola”. “Un cambiamento rivoluzionario” lo ha definito il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone.
Proteste in piazza. Non la pensano così studenti e insegnanti, che ieri sera hanno protestato in piazza Montecitorio, con striscioni e fischietti, accompagnati da tutte le siglie sindacali. A sostenerli in aula, le opposizioni, con Sel, Cinque stelle, Lega e Fratelli d’Italia a dare battaglia. Il punto più contestato della riforma è la figura dei super-presidi, che garantiranno una efficace gestione dell’istituto, valuteranno i neo immessi in ruolo e – dal 2016 – conferiranno ai docenti dagli albi territoriali incarichi triennali. In futuro si diventerà insegnanti di ruolo solo attraverso i concorsi che verranno banditi su base regionale. Una concentrazione di potere che preoccupa gli addetti ai lavori, per nulla rassicurati dalla funzione di contrappeso del Comitato di valutazione, composto da tre insegnanti, due genitori – uno studente e un genitore al superiore – e un rappresentante esterno, nominato dell’Ufficio scolastico regionale. Presidi che – a loro volta – ogni tre anni dovranno essere sottoposti a valutazione, motivando le loro scelte.
Le novità. Già in cattedra a settembre 37mila precari, a cui si aggiungeranno gli altri nel corso del prossimo anno scolastico. Oltre ai presidi-sceriffi, rafforzata l’alternanza scuola-lavoro – al momento solo una sperimentazione di pochi istituti – e introdotta la valutazione degli insegnanti, con in palio premi produttività per 200 milioni.
Nino Fazio