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Grecia, il governo: «Accordo anche con il “no”». Dijsselbloem ribatte: «Incredibilmente difficile». Elettorato diviso

di Nino Fazio03 Luglio 2015
03 Luglio 2015

Grecia, il governo: «Accordo anche con il “no”». Dijsselbloem ribatte: «Incredibilmente difficile». Elettorato diviso Sì in leggero vantaggio, ma idee ancora confuse. Dopo l’incertezza degli scorsi giorni, per i greci sono i giorni della riflessione. Il referendum di domenica prossima – in origine sugli accordi con i creditori internazionali – si è trasformato, dopo il fallimento dei negoziati, in un voto di fiducia al premier Alexis Tsipras e alla permanenza nell’eurozona. La vittoria del “Sì” potrebbe indurre il premier a rassegnare le dimissioni, come ha promesso – tra l’altro – lo stesso ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis. Destini legati, quelli del leader di Syriza e delle consultazioni, sebbene nelle ultime ore dal governo gettino acqua sul fuoco, allontanando l’ipotesi di una Grexit, nel tentativo di tranquillizzare i mercati: «Un accordo è in vista» anche con la vittoria del “No” al referendum ed «è più o meno fatto», ha detto il ministro delle Finanze, facendo eco al premier e precisando che «la Grecia resterà nell’euro». Ancora più chiaro il messaggio che ieri Tsipras ha indirizzato al popolo greco, parlando all’emittente Ant1: con la vittoria del “no” ci sarà una «soluzione sostenibile» per la Grecia. «Questo accordo può essere il cattivo accordo che ci propongono o uno migliore: più forte è il “no”, migliore sarà l’accordo».

Dijsselbloem smentisce. Analisi che non sembra trovare conferme dall’altra parte del tavolo. Il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha definito «incredibilmente difficile» mettere in piedi un nuovo salvataggio in caso di vittoria del “no”, ventilando l’ipotesi di un default greco. Default che – secondo le stime dell’agenzia di rating Standard and Poor’s – costerebbe caro anche all’Italia, che potrebbe perdere 11 miliardi di euro di maggiori interessi sul debito pubblico.

Giorni cruciali per la Grecia e per tutta l’Europa e la pressione internazionale sulla culla della civiltà si fa altissima. Dal Fondo monetario arriva una stima che sa tanto di avvertimento: Atene avrà bisogno di almeno 50 miliardi di euro fino al 2018. Un tentativo, forse, di influenzare l’elettorato, confuso dall’incertezza degli scenari successivi al voto e preoccupato dalla cappa di immobilismo che aleggia sul Paese. Nelle isole dell’arcipelago delle Cicladi, infatti, cibi e farmaci cominciano a scarseggiare, mentre secondo l’Associazione delle agenzie turistiche elleniche (Sete), almeno 240mila prenotazioni attese negli ultimi cinque giorni non si sono concretizzate.

Dati allarmanti che contribuiscono a forgiare un elettorato sempre più spaccato a metà. A due giorni dal voto, un sondaggio della società Alco per il quotidiano Ethnos conferma il testa a testa tra l’elettorato, con i “Sì” al 44,8% e i “No” al 43,4%, mentre gli indecisi scendono all’11,8%. Un referendum che – al di là del risultato – è ancora in bilico, con l’Alta corte greca che proprio oggi si esprimerà sulla costituzionalità della consultazione popolare.

Nino Fazio

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