L’Ungheria fa dietrofront sul tema immigrazione, ma non rinuncia al progetto, diffuso nei giorni scorsi, relativo alla costruzione di una cortina in cemento nel tentativo di arginare i preoccupanti flussi di immigrati. Dopo aver annunciato l’intenzione di erigere un muro per blindare il confine meridionale con la Serbia, l’Ungheria fa un passo indietro e rinuncia allo stop al diritto d’asilo. Il governo di Budapest – dopo aver affidato al ministro degli Esteri, Peter Szijjarto, il compito di annunciare il progetto, già evocato dal premier populista Viktor Orban, convinto assertore della “pericolosità” dell’immigrazione – sottoposto al pressing della Commissione europea, getta la spugna. Il Paese rinuncia a sospendere l’applicazione del regolamento europeo chiamato “Dublino 3”, che impegna gli stati membri a misure uguali ovunque sulla registrazione, il controllo e l’accoglienza dei rifugiati, vittime di persecuzioni politiche, etniche, religiose.
Il muro, quindi, si farà, sarà alto quattro metri e correrà lungo tutta la frontiera con la Serbia per un tracciato di circa 175 chilometri, volto a infrangere il principale percorso terrestre dei migranti alla volta del sogno dell’Europa occidentale.
E mentre Szijjarto informa che il primo luglio ci sarà una consultazione con Belgrado su questo progetto, il premier serbo, Aleksandar Vucic si dice «sorpreso» e «scioccato». Ma Budapest tira dritto, forte del consenso popolare interno e dei numeri che confermano gli ingenti flussi attraverso la cosiddetta rotta balcanica: solo nell’ultimo anno dal confine serbo sono transitate decine di migliaia di profughi e migranti – in buona parte siriani (circa il 70%), kosovari, afghani, iracheni in fuga da guerre e violenze – diretti verso l’Unione europea. Solo dall’inizio del 2015 l’Ungheria ha ricevuto oltre 50mila richieste di asilo, a fronte delle 43mila del 2014.
«Non abbiamo tempo per aspettare i tempi biblici dell’elaborazione di una soluzione comune» tuonano dallo staff del premier Orban. Un pugno duro, quello del primo ministro, confermato dai numerosi manifesti della campagna anti-immigrazione promossa dal governo: «Se vieni in Ungheria non portare via il lavoro agli ungheresi», si legge su uno dei poster disseminati per le strade.
Intanto oggi si terrà il vertice Ue sul meccanismo di redistribuzione dei rifugiati. «È importante – spiegano fonti della Commissione – fissare una data tempestiva, entro luglio, in cui la decisione del Consiglio Ue verrà approvata dai ministri, e soprattutto che ci sia l’ impegno sulla cifra dei 40mila rifugiati da redistribuire, perché quest’ impegno rende la redistribuzione obbligatoria».
Un duro attacco all’Italia è giunto, nelle ultime ore, dal premier britannico, David Cameron: «Vogliamo vedere migranti meglio schedati – ha detto il primo ministro – ma francamente molto di questo bisogna che sia fatto in Italia, dove arrivano, piuttosto che in Francia». Continuano, intanto, i disperati tentativi dei circa 3mila migranti che cercano di salire illegalmente su camion e furgoni diretti in Gran Bretagna.
Dal canto suo, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in merito all’argomento immigrazione, ha chiesto una «risposta condivisa e congiunta» dell’ Italia. «Sul telma dell’accoglienza – ha ribadito Renzi, evidenziando la necessità di accogliere i richiedenti asilo e rimpatriare i “migranti economici”- ci vogliono soluzioni che rispondano a requisiti etici e a criteri di ragionevolezza».
Samantha De Martin