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Montecitorio: Diffamazione, niente più carcere per i giornalisti

di Renato Paone25 Giugno 2015
25 Giugno 2015

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La Camera ha deciso: diffamazione non sarà più sinonimo di carcere per i giornalisti, ma si tramuterà in una pena pecuniaria che va dai 5mila ai 10mila euro. La proposta di legge sulla diffamazione, approvata a Montecitorio in seconda lettura – 295 sì, 3 no e 116 astenuti – è stata trasmessa al Senato per il quarto passaggio parlamentare, spianando la strada alle modifiche che incideranno sulla legge n. 47 dell’8 febbraio 1948 e sul codice penale in materia di diffamazione. Insieme alla maggioranza hanno votato a favore Sel e Forza Italia. I deputati di Area popolare, M5S e Lega Nord si sono astenuti.
Se il fatto attribuito al giornalista, come sottolineato nella proposta di legge, dovesse essere consapevolmente falso, la cifra comminata si aggirerà tra i 10mila e 50mila euro. Alla condanna è associata la pena della pubblicazione della sentenza, mentre in caso di recidiva è prevista anche l’interdizione dall’esercizio della professione da uno a sei mesi. La rettifica tempestiva sarà valutata dal giudice come causa di non punibilità.
Nella regolamentazione rientreranno anche le testate giornalistiche online e radiotelevisive. Soppressa anche la norma in base alla quale è il direttore a rispondere degli articoli non firmati e quella sul cosiddetto diritto all’oblio, la possibilità cioè di eliminare dai siti e dai motori di ricerca le informazioni considerate diffamatorie.
«Sicuramente si tratta di una riforma che ha più aspetti di cui tener conto, qualche lato positivo e molti negativi», ha spiegato Franco Abruzzo, ex presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, sulle pagine di ‘Italia Oggi’. «Ma il senso complessivo di cui tener conto – ha continuato Abruzzo – è che più remore restano per il giornalista a scrivere liberamente, maggiore è il danno a carico dei cittadini che hanno a disposizione in questo modo minori informazioni». Infine una precisazione dell’ex presidente regionale lombardo sull’eliminazione del carcere per i giornalisti: «Solo in casi estremi sono finiti dietro le sbarre».

Ecco, quindi, i punti salienti della proposta di legge che ora passerà a palazzo Madama:

Rettifica senza commento. Rettifiche o smentite, purché non inequivocabilmente false o suscettibili di incriminazione penale, devono essere pubblicate senza commento e risposta menzionando espressamente il titolo, la data e l’autore dell’articolo ritenuto diffamatorio. Il direttore dovrà informare della richiesta l’autore del servizio.

 Tempi e modalità della pubblicazione in rettifica variano a seconda dei diversi media. Se però vi è inerzia, l’interessato può chiedere al giudice un ordine di pubblicazione (per il cui mancato rispetto scatta una sanzione amministrativa da 8mila a 16mila euro). Testate online. Nella legge sulla stampa rientrano ora anche le testate giornalistiche online e radiotelevisive.

Risarcimento danno. Nella diffamazione a mezzo stampa il danno sarà quantificato sulla base della diffusione e rilevanza della testata, della gravità dell’offesa e dell’effetto riparatorio della rettifica. L’azione civile dovrà essere esercitata entro due anni dalla pubblicazione.

Querele pretestuose. In caso di querela temeraria, il querelante può essere condannato anche al pagamento di una somma da mille a 10mila euro in favore della cassa delle ammende. Chi invece attiva in malafede o colpa grave un giudizio civile a fini risarcitori rischierà, oltre al rimborso delle spese e al risarcimento, di dover pagare a favore del convenuto un’ulteriore somma determinata in via equitativa dal giudice che dovrà tenere conto dell’entità della domanda risarcitoria.

 Clausola ‘salvacronisti’. A meno che non si tratti di diffamazione dolosa, quanto pagato dal direttore o dall’autore della pubblicazione a titolo di risarcimento del danneggiato avrà natura di credito privilegiato nell’azione di rivalsa nei confronti del proprietario o editore della testata.

 Segreto professionale. Non solo il giornalista professionista ma ora anche il pubblicista potrà opporre al giudice il segreto sulle proprie fonti.

 Ingiuria/diffamazione. Anche per l’ingiuria e la diffamazione tra privati viene eliminato il carcere ma aumenta la multa (fino a 5mila euro per l’ingiuria e 10mila per la diffamazione) che si applica anche alle offese arrecate in via telematica. La pena pecuniaria è aggravata se vi è attribuzione di un fatto determinato. Risulta abrogata l’ipotesi aggravata dell’offesa a un corpo politico, amministrativo o giudiziario.

 Renato Paone

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