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Jobs Act, via libera ai controlli a distanza su pc, smartphone e tablet. Protesta la Cgil

di Alessandra Aurilia19 Giugno 2015
19 Giugno 2015

Non servirà più l’accordo sindacale o l’autorizzazione del Ministero. D’ora in avanti, stando ai sindacati, le aziende saranno libere di “spiare” l’attività dei propri dipendenti attraverso computer, tablet e cellulari aziendali, compresi i badge e gli altri strumenti per registrare accessi e presenze. È questa l’interpretazione della riforma dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori – quello che disciplina i controlli a distanza sul luogo di lavoro – contenuta nel decreto attuativo del Jobs Act, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri lo scorso 11 giugno e ora all’esame delle Camere.

Dalle e-mail ai messaggi scambiati tra colleghi, qualsiasi comunicazione inviata con strumenti «utilizzati per rendere la prestazione lavorativa» potrà essere monitorata dalle aziende senza ottenere alcuna autorizzazione, purché – spiega la relazione introduttiva – il controllo non sia «fine a se stesso», ma assolva a «esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale», e purché il lavoratore sia informato sulle modalità d’uso degli strumenti e sull’effettuazione dei controlli, che «non potranno mai avvenire in contrasto con il Codice privacy».

Ma la norma ha già scatenato la reazione dei sindacati: per il segretario della Cgil, Susanna Camusso, è uno «spionaggio contro i lavoratori», un vero e proprio «Grande fratello». «Sono molto preoccupata – ha commentato la Camusso – siamo di fronte a un’idea della vita della persone sconvolgente che impedisce al lavoratore di essere libero». «Non c’è nessun Grande Fratello», ha replicato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, dal momento che «le imprese che montano telecamere o impianti di controllo hanno l’obbligo di avere o l’autorizzazione sindacale o della direzione del lavoro come era prima». Ma il leader della Cgil non è convinto e si dichiara pronto a intervenire per verificare se ci sia stato o meno un abuso alle norme sulla privacy delle persone. «Valuteremo tutto quello che è possibile fare – ha detto la Camusso – inizieremo dalle commissioni, sentiremo le authority, valuteremo ricorsi giudiziari, continueremo la mobilitazione e soprattutto la contrattazione».

Alessandra Aurilia

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