Il tribunale di Milano ha dato ragione ai tassisti. Il servizio Uber-pop è concorrenza sleale e dunque va interrotto. Lo ha dichiarato Claudio Marangoni, giudice della sezione specializzata imprese, in quanto «la richiesta di trasporto trasmessa dall’utente mediante l’app Uber-pop oltre ad essere modalità tecnica già utilizzata dalle cooperative di tassisti appare di fatto del tutto assimilabile al servizio di radio taxi». A differenza dei tassisti, però, gli autisti che lavorano per Uber-pop non posseggono titoli autorizzativi, come le leggi sui servizi di trasporti prevedono. Insomma, il fatto di non dover acquistare una licenza e non dover ottenere una patente speciale comporta, secondo il tribunale di Milano, «un effettivo vantaggio concorrenziale» per il gruppo Uber.
La clientela che finora ha preferito l’app lanciata dagli Stati Uniti al servizio pubblico offerto dai tassisti lo ha fatto principalmente per la convenienza economica. Quelle tariffe più basse offerte da Uber, infatti, non sono frutto della concorrenza di mercato, ma della situazione privilegiata in cui la società americana si è trovata finora in quanto esentata da tutti i costi inerenti al servizio taxi. Il giudice, con un provvedimento cautelare, ha dunque disposto il blocco e l’inibitoria della prestazione del servizio su tutto il territorio nazionale. Uber ha 15 giorni di tempo per adeguarsi, altrimenti scatteranno le penali.
«Siamo molto dispiaciuti per la decisione presa oggi su Uberpop, una decisione che rispettiamo ma non comprendiamo – ha commentato Zac De Kievit, legal director di Uber Europa – Ora faremo appello per evitare che centinaia di migliaia di cittadini italiani siano privati di una soluzione sicura, affidabile e economica per muoversi nelle loro città». Uber, insomma, farà ricorso contro il provvedimento cautelare, ricordando che la Commissione Europea ha più volte sottolineato la necessità che gli Stati membri garantiscano equità, proporzionalità e nessuna discriminazione nella regolamentazione dei nuovi servizi basati sulla tecnologia».
Dal canto loro i tassisti milanesi cantano vittoria. Sono stati proprio loro a presentare un ricorso cautelare per chiedere il blocco di Uber, un servizio che ha permesso a chiunque avesse una patente B e una fedina penale pulita di fare il tassista, senza bisogno di una licenza. Avevano chiesto celerità, dal momento che gli effetti sulla categoria taxi sono stati ancor più accentuati dall’apertura dell’Expo 2015, e il giudice Marangoni ha accolto la richiesta. Ma la sentenza, come previsto, ha spaccato l’Italia. Pietro Gagliardi, responsabile sindacale per la categoria dei tassisti dell’Unione Artigiani della Provincia di Milano, ha parlato di una «grande vittoria», non solo per i tassisti, ma anche per la sicurezza degli utenti che viaggiavano con conducenti non professionisti. Non la pensano così, però, le associazioni dei consumatori. «È impensabile che un paese moderno possa essere privato di sistemi innovativi come Uber, che rispondono a esigenze di mercato e sfruttano le nuove possibilità introdotte dalla tecnologia – ha affermato il presidente del Codacons Carlo Rienzi – Così facendo si finisce per produrre un duplice danno al consumatore finale: da un lato una minore scelta sul fronte del servizio, dall’altro tariffe più elevate per effetto della minore concorrenza». Anche Matteo Salvini ha commentato la sentenza, durante un comizio a Genova. «È una bellissima notizia – ha detto il segretario della Lega Nord – Noi della Lega abbiamo sempre sostenuto uno dei lavori più difficili, più duri e pericolosi del mondo che è quello dei tassisti. A parità di diritti e di doveri la concorrenza deve essere leale e non sleale. C’è gente che ha pagato delle licenze. Facciamo fare il lavoro del tassista a chi lo sa fare». Per il momento dunque niente più Uber-pop: fino a nuovo ordine in Italia continuerà ad operare soltanto UberBlack, il servizio di berline con conducente.
Corinna Spirito