«La libertà di stampa in Italia sta precipitando: siamo passati dal 49esimo posto – oggi occupato dagli Stati Uniti – al 73esimo, tra Moldavia e Nicaragua (vedi classifica 2015 di Reporter Senza Frontiere, ndr). C’è un tentativo di imbavagliare chi s’impegna a far circolare l’informazione». Lo ha detto il neosegretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, in un incontro con gli allievi della scuola di giornalismo della Lumsa.
Perché il nostro Paese si trovi in una simile condizione si può comprendere solo considerando le specificità italiane, ha spiegato Lorusso, quali la permanenza della reclusione in carcere per i giornalisti che diffamano a mezzo stampa, la mai risolta questione dei conflitti d’interesse e della normativa anti-trust. Ma l’aspetto più delicato è senza dubbio l’aggravarsi del fenomeno delle minacce fisiche ai giornalisti e delle “querele temerarie”. «Su questo l’Italia dovrebbe essere più chiara – ha sottolineato Lorusso – Non possiamo innamorarci dell’Europa solo nelle questioni economiche: serve una presa di posizione anche su questi temi».
Diffamazione, serve un tetto ai risarcimenti. La depenalizzazione del reato di diffamazione a mezzo stampa, che nel nostro ordinamento è ancora sanzionato con il carcere, resta una delle grandi battaglie del sindacato. «Sarebbe sufficiente cancellare il reato e introdurre un tetto per i risarcimenti economici», ha suggerito Lorusso. Il segretario si è poi espresso sulla questione delle intercettazioni: «Il dovere del giornalista non è quello di tenere segrete le notizie, ma di farle circolare, come ha ribadito la Corte Europea dei diritti dell’uomo. Del resto, la democrazia si nutre d’informazione».
L’accesso alla professione giornalistica è un’altra anomalia italiana. «Se per le altre professioni il percorso è chiaro, non si può dire lo stesso per il giornalismo – ha detto Lorusso – colpa di una legge ormai datata e in parte demolita (n. 69/63 istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, ndr)». Tra l’altro, “bisogna sfatare il luogo comune che sono gli allievi delle scuole di giornalismo a rubare il posto di lavoro agli altri”. «La verità la dicono i numeri: oggi poco meno del 20% dei giornalisti arriva dalle scuole (cioè 240 l’anno) – ha precisato Lorusso – Se noi avessimo una legge chiara avremmo risolto il problema del turnover. Nei fatti è il nostro mercato del lavoro che non è in grado di assorbire 120mila persone, quante sono iscritte all’Ordine». Una soluzione, secondo il segretario, è lasciare solo l’assegnazione del praticantato classico agli editori e la selezione dei praticanti alle scuole di giornalismo. «Tutto il resto che ci danneggia, anche sul piano della qualità, va eliminato (ricongiungimenti, praticantati freelance e d’ufficio, ndr) – ha ribadito Lorusso – Quello che può salvare l’informazione è la qualità».
Alessandra Aurilia