Niente Rosy Bindi o il giovane ex rottamatore Pippo Civati, ma neanche Bersani, D’Alema, Veltroni, Cuperlo o Vendola: all’inaugurazione della mostra Satira e Sogni di Sergio Staino la storia di quello che fu il Partito comunista italiano era rappresentata solo da “ex” potenti, come lo stesso papà di Bobo non manca di notare nel suo discorso di ringraziamento, che segue la spassosa “orazione funebre in vita” di Paolo Hendel e la struggente illustrazione della gucciniana Un vecchio e un bambino con protagonisti Bobo e suo figlio Michele. A concludere il trittico di saluti è stato invece l’ultrarenziano Oscar Farinetti, sponsor della mostra insieme alle bolognesi Unipol e Granarolo, e anche questo – insieme al recente invito a Bersani ad «andare al parco insieme ai pensionati» – non può non essere visto come un segno dei tempi nuovi.
Un parterre di “ex”. Al di là degli assessori alla Cultura di Roma Capitale Giovanna Marinelli – che ha fatto gli onori di casa – e della Regione Lazio Lidia Ravera, «il più alto in grado» era l’ex ministro dei Beni culturali del governo Letta, Massimo Bray. Presenti anche l’uomo della “svolta” – la trasformazione del Pci in Partito democratico della sinistra – Achille Occhetto, l’ex parlamentare europeo Giulietto Chiesa e gli ex senatori Emanuele Macaluso, Francesco “Pancho” Pardi, Furio Colombo e Tana De Zulueta. Forse non è un caso che tra i presenti l’unica erede diretta di quella tradizione politica ad avere ancora un ruolo pubblico era il direttore del Tg3 Bianca Berlinguer, che alla politica attiva ha sempre preferito il giornalismo impegnato.
Achille Occhetto. Se il novantunenne Macaluso è sconsolato nel non vedere «più spazio» per la sinistra, l’analisi dell’ultimo segretario del Pci è dura soprattutto verso la generazione politica successiva alla sua, lasciando aperto uno spiraglio di speranza per il (lontano) futuro: «Molte persone oggi sono venute qui per affetto verso Sergio e le sue vignette – ha spiegato a Lumsanews – ma anche per ritrovare qualcosa di sinistra, che fuori si stenta a vedere. Vedo compagni che all’epoca erano favorevoli alla “svolta” – ha detto ancora l’uomo della Bolognina – ma anche contrari: tutti abbiamo però in comune le stesse radici. La nuova classe politica è invece incapace di uscire dal presente, ma preferisco non commentare le vicende di attualità perché Gramsci ci ha insegnato a non entrare nei panni sporchi degli altri».
“Pancho” Pardi. Molto più caustico l’ex senatore Pardi – che dopo una gioventù da sessantottino ha però frequentato il Parlamento solo nella scorsa legislatura e come dipietrista – fermamente contrario al “premierato assoluto” voluto da Renzi con l’Italicum, che a suo dire stravolgerebbe l’equilibrio tra poteri dello Stato voluto dai padri costituenti. L’ex leader girotondino non ha molta fiducia nemmeno nei possibili “correttivi” che potrebbero essere introdotti nella riforma costituzionale del Senato, a cominciare dalla possibile elettività dei senatori contestualmente agli organi delle Regioni che dovrebbero rappresentare: «La minoranza del Pd ha fatto una battaglia male argomentata – attacca con la sua tipica verve toscana – sbagliando tutte le mosse. Prima hanno chiesto modifiche sul Senato dicendo che la questione più importante era quella e non la legge elettorale, poi hanno cambiato idea e ora che hanno perso lo stanno facendo di nuovo». Ma Pardi non si mostra poi così sorpreso: «Mi stanno sicuramente più simpatici degli altri, però devo riconoscere che le cose stanno così. Del resto – conclude amaro – non ne azzeccavano una neanche quando erano in maggioranza».
Alessandro Testa