È arrivato ieri il via libera del Senato per l’accorpamento del Corpo Forestale in un’altra forza armata a condizione che ne sia garantita l’«unitarietà delle funzioni attribuite». Nella prima formulazione del provvedimento, infatti, si parlava dell’assorbimento dei Forestali in “altri corpi”.
L’emendamento approvato dal Senato ha corretto il tiro, stabilendo che i circa 8500 agenti non saranno ridistribuiti nelle rimanenti quattro forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Penitenziaria), ma continueranno ad operare in maniera monolitica all’interno di un unico Corpo. Molti si chiedono se questa riforma consentirà un effettivo risparmio per le casse dello Stato. Secondo i calcoli de l’”Inkiesta” la conversione andrà ad incidere su uno dei capitoli meno rilevanti della spesa per le forze dell’ordine, considerando che i 460 milioni per il trattamento economico del personale restano invariati, mentre i circa 30 milioni necessari al funzionamento dell’istituzione sono quasi del tutto coperti dalle sanzioni per i reati ambientali (circa 28 milioni annui). Si dovranno spendere, inoltre, circa 25 milioni per corsi di riqualificazione del personale, per la sostituzione delle divise e per la “conversione cromatica” di flotta aerea e parco mezzi.
Per l’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio, oggi presidente della Fondazione UniVerde, la riforma della Guardia Forestale non risolve il problema di costi, sovrapposizioni e duplicazioni: «Per fare una vera riforma – spiega Pecoraro Scanio – e ottenere veri risparmi, si dovrebbero assorbire nel CFS le circa 100 polizie provinciali ambientali e, magari, realizzare anche una federazione con i corpi Forestali di regioni e province autonome, creando una cabina di regia nazionale che consenta di economizzare e migliorare l’efficienza degli interventi».
Raffaele Sardella