Matteo Renzi gioca la carta di riserva. Il premier apre al dialogo e a un cambiamento della riforma del Senato con un ritorno a senatori eletti, purché si abbandoni il bicameralismo paritario.
Tornato in Italia, il presidente del Consiglio, che nei giorni scorsi ha fatto visita a Washington a Barack Obama, dovrà ricucire la spaccatura che si è creata all’interno del suo partito. Una minoranza, guidata da Pierluigi Bersani, che non è rimasta indifferente alle dichiarazione del premier. “Significa prendere tutto il lavoro fatto, buttarlo nel cestino per ripartire da capo”. È stata la reazione di Alfredo D’Attore che invita il segretario del suo partito a scoprire le carte.
“L’apertura va presa con le molle”. I bersanieni chiedono quindi chiarezza per ciò che riguarda l’eventuale percorso del cambiamento del testo delle riforme, che nei punti essenziali ha già ricevuto la doppia lettura conforme. Inoltre, osserva la minoranza del Pd, non è chiaro quale modello di Senato elettivo abbia in mente il premier-segretario: il Senato delle garanzie o ancora un Senato delle Regioni seppur modificato? L’importante, per i bersaniani, è che il premier al suo ritorno da Washington “faccia bene capire le sue intenzioni”.
L’opposizione intanto tenta di sfruttare le incertezze interne al Pd. Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, infatti, ha anticipato che sull’Italicum “farà pochi emendamenti, sostanziali: per reintrodurre il premio di maggioranza alla coalizione, per ipotizzare al secondo turno la possibilità di apparentamento e per fare entrare in vigore la nuova legge dopo la riforma del Senato, come è ovvio, al più tardi dal 1 luglio 2017”.
Alberto Gentile
