In un contesto considerato “di frontiera” sotto il profilo giuridico, antropologico, c’è una scarsa preparazione tra chi fa informazione e coloro che si occupano dei temi legati all’economia. Pur esistendo realtà molto creative, è sempre maggiore la paura, da parte delle imprese, di stringersi in una rete e fare sistema. L’economia sociale è una risposta importante alla crisi attuale e alle istanze della società civile e, come confermato da ripetute ricerche e rilevazioni statistiche, assume un ruolo sempre crescente nel contesto italiano. L’imprenditorialità sociale rappresenta il motore di sviluppo e di crescita economico-sociale del territorio; in particolare, le imprese sociali rappresentano un modello di impresa sostenibile anche nella prospettiva economica e sono in grado di creare occupazione e innovazione. È quanto emerso da un dibattito sul ruolo delle istituzioni nello sviluppo dell’imprenditorialità sociale, sui modelli innovativi, le sinergie tra attori di sistema e imprenditori, a livello nazionale e locale, organizzato dall’Università Lumsa e moderato da Gennaro Iasevoli, direttore del Dipartimento Scienze umane, Comunicazione, Formazione e Psicologia.
«Il Governo – ha ribadito Cinzia Alitto, portavoce del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, intervenuta all’incontro – ha alimentato il dibattito, anche se bisogna continuare a rafforzare il dialogo rispetto a queste tematiche. La Camera ha, infatti, già approvato una proposta concreta di chiarificazione del settore, un modo per sollecitare i soggetti dell’economia sociale e mobilitare sempre più risorse». Un provvedimento che, entro settembre, potrebbe essere varato dal Senato.
Stefano Casagrande, responsabile dell’Ufficio Formazione-lavoro e nuova imprenditorialità presso Unioncamere, ha ribadito i punti in comune tra imprese sociali e le camere di commercio: si tratta di istituti che condividono l’attenzione allo sviluppo del territorio e la capacità di fare rete.
Il riconoscimento dello stato giuridico dell’impresa e la considerazione della dimensione dell’impatto sociale come elemento qualificante dell’attività imprenditoriale legata al sociale, è una delle evoluzioni più interessanti della normativa attualmente in campo, come ha affermato Giovanna Melandri, intervenuta all’incontro.
L’importanza della riforma in atto è stata ribadita anche da Stefano Zamagni (Università Alma Mater Studiorum di Bologna). «Questa riforma – ha detto l’economista – rappresenta un tentativo di unire le due anime dell’imprenditorialità sociale: l’impresa di matrice anglosassone e quella della tradizione europea-continentale».
Nel corso della seconda sessione del dibattito moderato da Laura Michelini e Filippo Giordano, Tiziana Biolghini (Regione Lazio Area Impresa Sociale) e Alessandro Pastres (BNL Gruppo BNP Paribas) sono stati tra i relatori che hanno approfondito esperienze e modelli innovativi di imprenditorialità sociale.
Samantha De Martin