Passa l’Italicum con 190 sì in una difficile assemblea del Partito Democratico. Passa lasciandosi alle spalle le dimissioni di Roberto Speranza, che abbandona la sua carica di capogruppo vista l’impossibilità di superare le divisioni interne al partito.
Mancano all’appello 120 voti alla riforma voluta da Matteo Renzi, che, prima della votazione, aveva chiarito la necessità di far passare il testo “senza se e senza ma”, lasciandolo inalterato. “L’Italicum va votato così com’è, basta modifiche, basta mediazioni”, ha dichiarato il premier, “La vita del governo fin dall’inizio è dipesa dall’approvazione della nuova legge elettorale, nel bene e nel male”.
Per Renzi non esiste la “legge perfetta”, ma l’Italicum merita di non essere ostacolato, perché contiene al suo interno diversi punti di forza, che la rendono una “buona legge”: impedisce il consociativismo e le grandi coalizioni; il doppio turno è il punto centrale; il premio alla lista anziché alla coalizione è il compimento della vocazione maggioritaria, sulla quale è nato il Pd.
Valutazioni che non bastano alla minoranza del Partito Democratico. Civati, Bindi, Fassina, D’Attorre si alzano e abbandonano l’assemblea, dopo le dimissioni di Speranza. Alla fine i voti mancanti saranno 120, quasi un terzo del gruppo.
E si discute adesso in merito a chi spetterà la successione al ruolo di capogruppo. Il nome più quotato al momento resta quello di Ettore Rosato, anche se non mancano candidate donne come Marina Sereni, che, nel caso dovrebbe rinunciare alla vicepresidenza della Camera.
Silvia Renda