Si era rischiata una strage all’ospedale San Camillo di Roma la notte del 15 gennaio scorso. Improvvisamente, non arrivava più ossigeno ai malati del reparto di terapia intensiva. I pm incaricati dell’indagine hanno ora appurato che non si trattò di sabotaggio, né di vendetta, né tantomeno dell’opera di qualche squilibrato. Colpa, invece, del degrado che regna nell’ospedale.
A provocare la mancanza di ossigeno sarebbe stata infatti una pressione esercitata sull’intreccio di tubi dell’impianto di erogazione dell’ossigeno che parte dai sotterranei. Probabilmente qualcuno deve averci camminato sopra e si pensa ai tanti senzatetto che proprio in quegli ambienti cercano rifugio la notte. Escluso quindi il danneggiamento aggravato e quasi impossibile trovare un nome a cui attribuire il danno accidentalmente provocato.
La prima informativa arrivata sul tavolo del sostituto procuratore aggiunto Silvia Sereni e dell’aggiunto Roberto Cucchiari ha accantonato l’ipotesi un gesto volontario. Le accuse ora pesano comunque sulle responsabilità dell’ospedale, reo di non aver assicurato la corretta manutenzione e salvaguardia dei suoi ambienti. La presenza di senzatetto tra i reparti era persino stata data proprio nei giorni dell’allarme da Assotutela. «Di notte alcuni spazi diventano il dormitorio per sbandati e barboni, una presenza che mette a repentaglio la sicurezza dei degenti e del personale», avevano dichiarato Michel Emi Maritato, presidente di Assotutela e Carlo Valguarnera, coordinatore nazionale. Allarme, fino ad oggi, inascoltato.