Un sistema di tangenti che minava il regolare svolgimento di appalti per le grandi opere, in particolare infrastrutture: questa è la tesi oggetto dell’indagine condotta dalla procura della Repubblica di Firenze che ieri ha chiesto e ottenuto quattro arresti. Le misure cautelari sono scattate per il consulente del Ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza (che fino a gennaio è stato capo della struttura governativa per le grandi opere) e l’ingegnere romano Stefano Perotti; sono finiti in carcere anche un mediatore e un collaboratore di Incalza. L’inchiesta conta in tutto 51 indagati: si tratta di dirigenti pubblici (tra i quali anche Maurizio Gentile, amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana e Antonio Acerbo, ex manager Expo2015), costruttori e anche quattro ex sottosegretari. Varie le accuse: concorso in tentata corruzione per induzione, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Non è stata invece accolta dal giudice per le indagini preliminari la richiesta dei pubblici ministeri riguardante l’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione.
È stato il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo a spiegare come Incalza avrebbe gestito il “sistema collusivo”: il dirigente pubblico avrebbe indotto l’assegnazione, da parte dei contraenti vincitori degli appalti, della direzione lavori delle grandi opere a Perotti o a società vicine a quest’ultimo, così da consentire anche lievitazioni di costi fino al 40 per cento.
La vicenda ha anche sollevato un polverone politico poiché dalle intercettazioni risulterebbe l’assunzione del figlio dell’attuale ministro Maurizio Lupi (Ncd), che si è difeso sostenendo di non averne mai fatto richiesta, da parte dello stesso Perotti. Il titolare delle Infrastrutture – non è indagato – avrebbe ricevuto in regalo un vestito dal mediatore amico di Perotti arrestato: la notizia è bastata al MoVimento 5 stelle e a Sinistra, ecologia e libertà per chiedere le dimissioni del ministro. Secondo gli inquirenti, anche la nomina del viceministro Riccardo Nencini (Psi) sarebbe avvenuta sotto l’influenza di Incalza. Il leader del Partito Socialista ha chiarito la sua posizione ieri sera a Piazza Pulita, spiegando che il suo nome è stato scelto per quel ruolo solo a seguito di accordi della maggioranza che sostiene il governo Renzi.
Sul tema più in generale delle tangenti, questa mattina c’è stato un deciso botta e risposta magistrato Rodolfo Sabelli, che ha accusato lo Stato di “accarezzare i corrotti e prendere a schiaffi i giudici anticorruzione”, e lo stesso premier Matteo Renzi il quale ha risposto duramente definendo “tristi, false e ingiuste” le parole pronunciate dal presidente Anm.
Roberto Rotunno