Cosa direbbe oggi Pasolini dell’Italia se non fosse stato assassinato quarant’anni fa? Impossibile dirlo, ma è indubbio che molte sue opere offrono ancora spunti di riflessione attualissimi. L’ultima rilettura critica del grande poeta friulano è stata offerta in questi giorni dal regista Daniele Salvo e dal teatro Vascello, che hanno preferito anticipare il loro ricordo a marzo, nell’anniversario della nascita, al posto delle tradizionali celebrazioni autunnali per la ricorrenza del suo misterioso assassinio. Una scelta non semplicemente di marketing.
“Siamo tutti in pericolo”. E’ infatti un Pasolini particolarmente vivo, lucidamente preoccupato per l’Italia del suo tempo – ma noi contemporanei potremmo dire “di tutti i tempi” – quello messo in scena per due settimane sul palcoscenico di Monteverde Vecchio, con un collage composto da frammenti delle Lettere luterane, dall’accorata lettera scritta all’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone, e dall’ultima intervista della sua vita, concessa a Federico Colombo dell’Unità poche ore prima di essere assassinato, e di cui lui stesso aveva scelto il profetico titolo.
Certo, le analisi del regista del Vangelo secondo Matteo risentono inevitabilmente della lettura marxista dell’epoca – per esempio sul ruolo nella società di intellettuali e operai, o sulla “corruzione” dei figli della classe lavoratrice operata da quell’infarinatura di cultura borghese che ricevono nella scuola media unica, di cui infatti aveva chiesto l’abolizione – ma la lucidità con cui quattro decenni fa Pasolini, a nome dei cittadini italiani, «chiedeva di sapere», di avere risposte alle tante zone d’ombra della nostra giovane Repubblica, potrebbe tranquillamente trovare spazio sulla prima pagina del giornale di oggi, dato che molti dei problemi di allora non sono stati risolti (e spesso neppure davvero affrontati).
In scena. Sempre in omaggio al Pasolini vivo, gli spettatori vengono accolti (e poi saranno congedati alla fine) dalla sua voce fuori campo. Ci troviamo nella camera-studio del poeta, con letto, scrivania, libri e macchina da scrivere, mentre il pavimento è completamente tappezzato da prime pagine di giornali. Sullo sfondo, ad accompagnare la narrazione, vengono proiettate immagini d’epoca ed il testo della drammatica lettera aperta al Quirinale. Per oltre un’ora l’esperto e affidabile Gianluigi Fogacci regala un interpretazione molto intensa dei tormenti interiori pasoliniani. Nella seconda parte gli offre una valida spalla Raffaele Latagliata (il giornalista che lo intervista), mentre le periodiche “incursioni” del giovane Michele Costabile, completamente nudo, ricordano al pubblico il lato più privato della vita del poeta.
Il Pilade. Ieri sera l’omaggio a Pasolini si è chiuso con una serata speciale in cui venti attori under 35 – embrione della costituenda compagnia dei Sognatori – hanno messo in scena un ampio studio sul Pilade, la tragedia sul senso del potere attraverso la storia, dagli antichi miti greci ai giorni nostri. Molto intensa la rappresentazione corale dei giovani professionisti, supportati da un regista di talento, che per una volta rinuncia alle proiezioni sullo sfondo e punta all’essenzialità del testo e della sua interpretazione. Bravissimi i protagonisti Elio D’Alessandro (Pilade), Ivan Alovisio (Oreste) e Selene Gandini (Elettra); menzione speciale per il coro delle giovani madri, guidato dalla potente e coraggiosa Marcella Favilla, nuda in scena col pancione per oltre cinque minuti.
Alessandro Testa