Alla fine oggi pomeriggio di caldo a Roma c’è stato soltanto un sole quasi primaverile. Nessuno scontro fra i sostenitori di Lega e Casapound da una parte e della sinistra anti-Carroccio dall’altra nel sabato delle manifestazioni. L’allerta però era alta: tremila agenti delle forze dell’ordine sparsi a presidiare la città, poliziotti in tenuta antisommossa, mezzi blindati. “Ma non siamo noi quelli che incitano all’odio”, gridavano i manifestanti del corteo partito da piazza Vittorio in risposta al raduno leghista in piazza del Popolo. In 30 mila, secondo l’ultima stima, hanno sfilato prima verso Campo de’ Fiori, per poi cambiare direzione (“Siamo troppi”, hanno detto gli organizzatori) e andare verso il Colosseo. Centri sociali, sindacati di base, collettivi studenteschi, comunisti, movimenti Lgbt: un corteo variegato e variopinto, tenuto insieme dagli slogan “Siamo tutti antifascisti” e “Mai con Salvini”. Ma anche “Mai con Renzi”: i manifestanti sono scesi in piazza per dire no alla Lega xenofoba, ma pure alla politica dell’austerità imposta da Bruxelles e adottata dal governo, perché, hanno spiegato, “non sono gli extracomunitari che ci tolgono il lavoro e ci affamano, sono i parametri economici troppo rigidi”.
Casapound. “Quella della Lega è una piazza che flirta con i fascisti”, ha concluso uno dei portavoce di “Mai con Salvini” prima di sciogliere il corteo all’anfiteatro Flavio, riferendosi ai simpatizzanti di Casapound che si sono aggiunti alla manifestazione in piazza del Popolo. Circondato dalle forze dell’ordine, il corteo del centro sociale di estrema destra si è mosso intorno all’1 dalla sua sede in via Napoleone III diretto verso villa Borghese, a due passi da piazza del Popolo, dov’era previsto il raduno leghista. Alcuni manifestanti si sono mescolati ai sostenitori del Carroccio e nella piazza sono apparse croci celtiche e anche una foto di Mussolini.
Il comizio di Salvini. “Quattro poveracci”: così il segretario della Lega ha bollato i manifestanti del contro-corteo degli antagonisti, intervenendo dopo Giorgia Meloni e Luca Zaia dal palco di piazza del Popolo. Il motto del raduno era “Renzi a casa” e i “vaffa” dalla platea scrosciavano, in effetti, ogni volta che Salvini nominava il premier suo omonimo, che ha definito “servo sciocco di Bruxelles”. Per la manifestazione sono arrivati da tutta Italia. Salvini è sembrato conscio di avere ormai attraversato il Rubicone, non solo metaforicamente, ed è stato attento a non presentarsi esclusivamente come il leader del Nord. Ha avuto parole di solidarietà per romani e siciliani afflitti da amministrazioni incapaci, dirigendo piuttosto i suoi strali contro l’immigrazione dalle coste africane (“L’Isis la sfrutta per far arrivare da noi i terroristi”) e i campi nomadi (“Se fossi al governo direi che hanno tre mesi per organizzarsi, poi arrivano le ruspe. Prima viene la gente che lavora e dopo, ma molto, molto dopo, vengono i rom”). Entusiasti gli applausi quando è stato citato il benzinaio Stacchio e criticata la legge Fornero, che il leader della Lega ha promesso di cancellare. Salvini ha sparato a zero anche su sicurezza e fisco – da sempre i suoi cavalli di battaglia – incassando il sostegno della piazza. 100 mila i partecipanti per gli organizzatori, la metà secondo le prime stime delle forze dell’ordine. Fra loro, sebbene non sul palco, c’era anche il “dissidente” sindaco di Verona Flavio Tosi, che al termine del comizio è andato ad abbracciare il segretario. Ma se la manifestazione potrebbe segnare la riconciliazione in casa Lega, il resto d’Italia rimane spaccato, proprio com’era oggi la Capitale.
Anna Bigano