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La storia di Faruk, in Bosnia è nato il primo bosniaco

di Anna Bigano27 Febbraio 2015
27 Febbraio 2015

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Il primo cittadino di nazionalità bosniaca si chiama Faruk Salaka ed è un adorabile bimbo di dieci mesi, l’ultimo dei tre figli di Elvira e Kemal Salaka. Per ottenere il certificato di nascita con quella dicitura è servita una lunga battaglia legale, perché essere bosniaci in Bosnia è tutt’altro che semplice. A vent’anni dalla fine della guerra, quando si registra un bambino all’anagrafe, bisogna scegliere se identificarlo come bosgnacco, serbo, croato o “altro”.
L’obbligo di esprimere una preferenza è scattato nel 2012 ed è tutt’altro che una mera formalità amministrativa. Anzi, avrà un impatto pesante sulla vita dei nuovi nati. Gli accordi di Dayton del 1995 hanno sancito la divisione del paese in due entità, la Federazione che unisce l’etnia bosgnacca di fede musulmana e quella croata, e la Repubblica Srpska abitata dai serbi: bambini e ragazzi frequentano scuole diverse secondo l’etnia di appartenenza e seguono programmi differenti. Unificare i curricula sembra un’impresa improba, perché l’istruzione è materia di competenza dei dieci cantoni in cui la Bosnia è suddivisa, nessuno dei quali è stato disposto, finora, a cercare il compromesso.
Persino il sistema scolastico, insomma, è espressione della frammentazione della società bosniaca. Una frammentazione cui Kemal Salaka, economista trentanovenne, si è sempre opposto: “Ai tempi del conflitto – ha spiegato ai media internazionali che l’hanno intervistato – ho combattuto per impedire  che si compisse l’esclusività etnica voluta dai serbi, e adesso che i bosgnacchi cercano di fare la stessa cosa cerco di impedirlo allo stesso modo”. Se per i primi due figli, che oggi hanno dieci e sei anni, il problema non si è posto (la legge non prevedeva ancora l’obbligo di specificare all’anagrafe l’etnia di appartenenza), quando è nato Faruk Kemal e sua moglie non hanno avuto dubbi e hanno chiesto che fosse registrato come bosniaco. Di fronte al rifiuto opposto dai funzionari comunali, la coppia non si è arresa, ha chiesto aiuto a un avvocato costituzionalista e alla fine l’ha spuntata. Il municipio centrale di Sarajevo ha infatti stabilito che non si sono “restrizioni legali di impedimento per registrare chiunque come cittadino bosniaco”.
Il caso del piccolo Faruk farà riaprire il dibattito sulle divisioni etniche all’interno della Bosnia e magari ispirerà altri genitori a seguire l’esempio di Elvira e Kemal. Anche se nessuno s’illude che basti cambiare la burocrazia per costruire una nuova identità nazionale.

Anna Bigano

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