Sono passati dodici mesi dal 24 febbraio 2014, da quella prima fiducia che diede il via al governo del premier Matteo Renzi: un anno del “rottamatore” che è diventato il “decisionista”. Sono 35, infatti, le fiducie incassate dall’esecutivo fino ad oggi, con una percentuale sulle leggi approvate più alta dei governi Berlusconi, e di quello record del professor Monti (45% di leggi approvate con fiducia). Ma anche la fiducia degli italiani sul governo e sul premier è sempre stata alta: i picchi più elevati a ridosso delle europee (governo a 64 e premier a 70%), oggi la fiducia risale dopo qualche mese di calo (45 e 48%). La retorica della speranza e la politica “del fare”, ha ormai conquistato l’elettorato.
Un anno anche di social e di tweet quello del presidente Renzi, da quelli al veleno (#enricostaisereno) a quelli sul calcio, fino all’ultimo, stamane: “E quattro! congratulazioni a Milena Canonero, eleganza, grazia e talento italiano agli Oscar”. Un premier che si percepisce quindi vicino alla società e agli italiani, e “tutore” del partito: “Non ridaremo il partito a chi lo ha portato al 25 per cento” aveva detto alla Leopolda, gli “stati generali” del Pd dal punto di vista renziano.
Un anno anche di annunci: i “cento giorni” per lo sbocco totale dei debiti della Pa attraverso la Cassa depositi e prestiti, la riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale e un patto per l’edilizia scolastica, sono diventati mille. “Eppur si muove”, come ha scritto in uno dei primi tweet a pochi giorni dalla nascita dell’esecutivo. Già, anche gli italiani sembrano indulgenti sui ritardi e sulle promesse non mantenute dal premier: alcune riforme sono state fatte, altre portate avanti nonostante sia venuto meno l’appoggio di Fi con la fine del “patto del Nazareno”, altre ancora riannunciate un anno dopo. È il caso della riforma della scuola e della Rai, che il premier vuole compiute “entro marzo”.
“Prima si cambia la scuola poi a marzo riformiamo la Rai”, ha detto Renzi durante l’iniziativa del Pd sulla scuola, che si è svolta a Roma. Assunzioni solo tramite concorso, 5 per mille per finanziare scuola e cultura, superamento dei vecchi scatti di anzianità con un nuovo meccanismo premiale a scadenza triennale, sono i punti chiave annunciati dal premier. Dopo la scuola, la Rai: la creazione di un vero amministratore delegato; un cda ridotto (forse a cinque membri), nominato in base a criteri che lascino la titolarità al Parlamento, ma prevedano meccanismi per garantire indipendenza dai partiti; la riforma del canone, per ridurre l’evasione; l’anticipo del rinnovo della convenzione, in scadenza nel 2016. “Pensiamo che la Rai debba essere il grande motore dell’identità educativa e culturale del Paese e in quanto tale non possa essere normata da una legge che si chiama Gasparri”, ha detto Renzi. Che in questo primo anno non si è fatto mancare neppure frecciate politiche come questa.
Nicola Stacchietti