A meno di 500 chilometri dai nostri confini continua a impazzare un conflitto apparentemente senza regole, dove diverse fazioni tentano di appropriarsi del potere senza riuscirci. In questo scenario si è inserito, e di prepotenza, lo Stato Islamico.
LA SITUAZIONE IN LIBIA – L’Isis infatti ha approfittato delle continue lotte di potere per conquistare enormi porzioni di territorio libico. I jihadisti riescono ormai a ‘vedere’ le coste italiane e continuano a minacciare l’’occidente crociato’, rappresentato proprio dalla vicina Italia. La situazione libica è confusionaria e al momento non si intravede un attore che possa garantire una risoluzione pacata dei conflitti che squassano il paese da mesi. Da una parte infatti c’è il governo di Abdullah al-Thinni, insediato nelle città di al-Bayda e Tobruk, vicine al confine con l’Egitto. Questo è il governo internazionalmente riconosciuto, uscito vincitore dalle elezioni parlamentari dello scorso 25 giugno. A questo governo di stampo laico e schierato contro gli estremismi islamisti si contrappongono le cosiddette ‘forze rivoluzionarie’. Queste nascono con le lotte che hanno portato alla caduta di Gheddafi e non accettano la presenza nel governo di personaggi che hanno avuto un ruolo nel vecchio regime. Si possono definire forze islamiste anche se formalmente sono integrate nel ministero dell’Interno. In questa faida si è inserito lo Stato Islamico, che in poco tempo ha conquistato la città costiera di Sirte, porto strategico nel Mediterraneo, a due passi dalle coste della Sicilia.
IL RUOLO DELL’ITALIA – In questo scenario l’Italia gioca un ruolo chiave. A Roma non piace affatto essere a portata di tiro da quello che viene visto come ‘il male assoluto’ e soprattutto non piace essere sotto scacco dei jihadisti, che stanno prendendo il comando delle tratte dei clandestini verso il nostro paese.
A questo si aggiungono legami storici, ma soprattutto economici, che continuano a legare a doppio filo Roma e Tripoli. La Libia è infatti fondamentale nello scacchiere geopolitico del Mediterraneo. Dal paese africano arrivano le provvigioni energetiche che servono l’Italia. Non solo, sono tantissime le aziende italiane che operano nel paese, da piccole e medie imprese a colossi quali Eni e Finmeccanica, che continuano a operare in condizioni di precaria sicurezza con il proprio personale.
IL GOVERNO ITALIANO – È normale quindi che il governo italiano non possa restare impassibile ai turbini che agitano la Libia. E’ troppo importante, troppo strategica, troppo, al momento, pericolosa.
I vertici di Roma si sono subito mossi in questa direzione richiamando l’attenzione della comunità internazionale. Ad aprire le danze è stato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, di solito abbastanza pacato, che invece in questa situazione ha ‘mostrato i muscoli’ asserendo che l’Italia è pronta ad intervenire in prima fila, a patto che l’intervento sia inquadrato in una missione internazionale. L’invito, neanche troppo velato, era rivolto essenzialmente all’Onu ma in caso di mancato appoggio il governo italiano potrebbe anche mettersi a capo di una coalizione Nato.
Il rischio però è rappresentato dalla possibilità, neanche troppo velata, di invischiarsi in una guerra d’altri. Qualora vi fosse un intervento Roma dovrebbe decidere da che parte schierarsi, ferma restando l’opposizione primaria all’Isis.
RENZI E LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE – Nel frattempo oggi Matteo Renzi ha avuto un lungo colloquio telefonico con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Il Cairo svolge da sempre un ruolo di estrema importanza nello scacchiere geopolitico mediorientale ed è stato INOLTRE coinvolto direttamente dopo l’esecuzione di 21 cristiani copti egiziani da parte dell’Isis su una spiaggia di Tripoli. L’Egitto ha risposto questa notte bombardando postazioni strategiche dello Stato Islamico in Libia e distruggendo il 95% degli obiettivi stabiliti. Il colloquio dunque è stato incentrato sulla lotta al terrorismo “per riportare sicurezza e pace in Libia” si legge in una nota diffusa da Palazzo Chigi. Il premier italiano ha poi aggiunto che in una situazione del genere non bisogna farsi prendere dall’isteria ma bisogna agire con “saggezza, prudenza e senso della situazione” ma soprattutto che la proposta è quella di “aspettare il Consiglio di sicurezza Onu perché la forza delle Nazioni unite è decisamente superiore a quella delle milizie radicali”.
Si comincia a muovere anche qualcosa sul fronte internazionale dopo il reiterato immobilismo mostrato dall’Europa. La Francia infatti è intervenuta nella questione proponendo una riunione urgente delle Nazioni Uniti.
Fanno effetto infine le dichiarazioni di Abdullah al-Thani, il premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale che ha auspicato un rapido intervento delle potenze occidentali per stanare le postazioni jihadiste in Libia altrimenti “la minaccia arriverà in Italia”.
Mario Di Ciommo