Con un abbraccio tra papa Francesco e Benedetto XVI si è aperta sabato scorso a San Pietro la cerimonia in cui Bergoglio ha nominato venti nuovi cardinali, consegnando loro la berretta color porpora. Tra i prescelti solo il più anziano, l’arcivescovo Jose de Jesus Pimineto Rodrigue, non si è potuto spostare dalla Colombia per ragioni di età (ha 96 anni), e riceverà in sede le insegne cardinalizie da un delegato del pontefice. Gli elettori sono quindici, con facoltà di votare in caso di conclave, e tra di loro due sono italiani: l’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro e quello di Ancona Edoardo Menichelli.
Aprirsi agli altri, soprattutto agli ultimi e vedere il Signore in ogni persona esclusa. Sarà questa, secondo papa Francesco, la missione dei nuovi porporati. “Gesù non vuole persone chiuse in una casta – ha ricordato durante l’omelia – ciò che conta è raggiungere e salvare i lontani, curare i feriti dei malati e reintegrare tutti nella famiglia di Dio”.
Secondo il pontefice la strada della Chiesa è quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle “periferie” dell’esistenza. “il contatto – ha osservato Francesco – è il vero linguaggio comunicativo. Non bisogna solo accogliere e integrare quelli che bussano alla nostra porta ma andare a cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani perché l’unico nostro titolo di onore è la totale disponibilità nel servire gli altri”. Lo dice già il nome cardinale che evoca il cardine. Dunque non qualcosa di accessorio, di decorativo, che faccia pensare ad una onorificenza ma, secondo Bergoglio, “un perno, un punto di appoggio per la vita della comunità”.
I venti prescelti dovranno essere “capaci di perdonare e di infondere speranza”. “Chi è chiamato nella Chiesa al servizio del governo deve avere però un forte senso di giustizia – ha ribadito Francesco durante l’omelia – così che il popolo trovi sempre in noi un servizio gioioso di verità”.
Maria Lucia Panucci
