Erano più di 400, secondo le stime dell’Unhcr – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – i migranti partiti dalla Libia ma, nel canale di Sicilia, domenica scorsa, sono arrivati in 105, 29 dei quali morti assiderati. Questi i numeri dell’ennesima strage che tinge di rosso, ancora una volta, il mar Mediterraneo. Stipati in un magazzino a Tripoli, costretti a partire senza preavviso, con la forza, nonostante le pessime condizioni del tempo e del mare. “Ci hanno dato dieci taniche di benzina per la traversata – ha raccontato un superstite – ci hanno spinti sui gommoni con la forza e le armi, alcuni non volevano imbarcarsi. Ci avevano assicurato che il tempo sarebbe migliorato e noi non potevamo che fidarci”. A poche miglia dalla Libia, raccontano, sotto onde alte quasi nove metri, uno dei quattro gommoni con oltre cento persone a bordo è affondato, un altro si è sgonfiato e ha iniziato a imbarcare acqua. A parlare poi saranno i numeri: 232 le vittime accertate.
Nel Canale di Sicilia infatti non c’era solo l’imbarcazione con i 76 sopravvissuti, poco dopo, nella stessa zona, sono stati raggiunti altri due gommoni. In uno c’erano solo due migranti, sull’altro erano in sette. Niente in confronto a quanti vengono solitamente caricati dagli scafisti, circa un centinaio per volta. Le prime testimonianze hanno poi confermato i timori dei soccorritori. “Siamo partiti a bordo di quattro gommoni in 460 – ha dichiarato un uomo una volta portato in salvo – uno di questi, durante la traversata, è affondato e sono morti tutti, tra loro c’erano anche tre bambini. E’ stata una tragedia”.
Ora i sopravvissuti sono ospitati nel centro di accoglienza di Lampedusa, ancora per poche ore, forse sufficienti a far cadere nel dimenticatoio l’ennesima delle tragedie annunciate e a placare le polemiche sul fallimento della soppressione di Mare Nostrum. “Il problema vero è la situazione in Libia, non è che con Mare Nostrum non si moriva e adesso si muore – ha dichiarato il premier Renzi – la situazione non si risolverà fino a quando non si risolve il problema della Libia. Chiederemo all’Europa di intervenire, di fare di più”. Anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ritiene fortemente necessario un intervento condiviso, anche se risulta molto critica la sua posizione sull’utilità di Triton rispetto a Mare Nostrum. Dal commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, arriva l’amara conferma: “l’operazione Triton non è all’altezza dei compiti che deve svolgere, l’Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace”.
Cecilia Greco