“Se Samra e Sabina dovessero tornare a casa rischiano fino a 5 anni di prigione”. Ad affermarlo è il legale austriaco Andreas Venier, che ha spiegato come la minore età delle due ragazze non le esoneri dalla colpa di essere andate in Siria a supportare gli estremisti islamici.
Samra Kesinovic e Sabina Selimovic hanno 17 e 15 anni e la loro storia è rimbalzata sui giornali e sui siti web di tutto il mondo. Il 10 aprile scorso le due ragazze sono partite dall’Austria per raggiungere il confine siriano e stare al fianco dei terroristi dell’Isis. “Non cercateci, per Allah vogliamo vivere e morire”: con questo messaggio hanno abbandonato la vita precedente per diventare “sposine jihadiste”. Dopo sei mesi e qualche video di propaganda per il califfato (video in cui avevano il volto completamente coperto dal velo), sono state però loro a ricercare i familiari. Le ragazze non sono più convinte di quella decisione presa in primavera. Vogliono tornare a casa e per farlo hanno chiesto aiuto ai parenti, confessando di essere entrambe incinte.
Il ritorno è però osteggiato dal governo austriaco: “Chi lascia così il paese non può tornare quando vuole”, hanno fatto sapere da Vienna. La decisione del governo ha suscitato un dibattito sui social network, in cui ci si chiede se sia giusto essere così categorici con due ragazzine che ancora non hanno raggiunto la maggiore età.
La storia di Samra e Sabina, tuttavia, non è unica nel suo genere. Gli esperti di terrorismo del King’s College hanno reso noti i numeri di un fenomeno molto più diffuso di quanto si pensi: 60 francesi, 50 britanniche e 40 tedesche hanno lasciato le loro case in Occidente per raggiungere i terroristi in Siria. Di Samra e Sabina però si conoscono i volti, sono giovani e carine. In Austria conducevano una vita apparentemente normale ed erano ben integrate. “Apparentemente” appunto. Qualche segnale di allarme, confessa adesso una delle professoresse di Samra, c’era stato. Sul polso della più grande delle due ragazze l’insegnate aveva notato negli ultimi tempi la scritta “Al Qaida”, con un cuoricino disegnato sulla “i” al posto del puntino.
Silvia Renda