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Serbia-Albania sospesa per rissa. A riscaldare gli animi, una bandiera pro-Kosovo

di Renato Paone15 Ottobre 2014
15 Ottobre 2014

serbia_albania_gettyDopo 41 minuti di gioco la partita tra Serbia e Albania, valevole per le qualificazioni a Euro 2016, è stata sospesa dall’arbitro inglese Martin Atkinson a causa di un drone che, con un drappo inneggiante alla Grande Albania attaccato al corpo della macchina stessa, ha sorvolato il campo dello stadio del Partizan. Non un drappo qualsiasi quello strappato dal giocatore serbo Mitrovic, bensì una bandiera nera con l’effigie dell’Albania etnica, i volti dei politici albanofoni Isa Boletini e Ismail Qemali e la scritta «Autoctoni». Non una semplice provocazione, quindi, considerando che la Serbia non riconosce l’autonomia del Kosovo, da sempre considerata una propria costola, anche dopo la guerra del 1999 e la successiva dichiarazione d’indipendenza dell’ex provincia serba a maggioranza albanese.

Dopo il gesto di stizza, il calciatore serbo è stato attaccato dai giocatori albanesi. Immediata la reazione dei compagni di squadra Kolarov e Nastasic, che sono intervenuti in difesa di Mitrovic. E dal campo il delirio si è trasferito sugli spalti con lanci di sedie contro i giocatori ospiti, costretti a rientrare negli spogliatoi, cori inneggianti a Vladimir Putin e urla che proclamavano: «Il Kosovo è Serbia». «Non c’erano le condizioni per proseguire», ha affermato l’osservatore Uefa. Alla luce di tutto ciò, però, non si capisce come mai, al momento del sorteggio di queste eliminatorie, l’Uefa non si sia mossa per evitare che le due nazionali s’incontrassero, così come accade per altre situazioni ritenute a rischio: Spagna e Gibilterra e Russia ed Ucraina.

Il ministro degli esteri serbo, Ivica Dacic, ha duramente condannato l’incidente allo stadio di Belgrado, parlando apertamente di «provocazione politica premeditata», lanciando una provocazione contro l’Unione europea e la Uefa: «Se fosse stato un serbo a far volare la bandiera della Grande Serbia a Tirana o a Pristina, la cosa sarebbe già nell’agenda del consiglio di sicurezza dell’Onu», ha detto il ministro serbo al quotidiano Blic.

Invece, il premier albanese Edi Rama si dice orgoglioso dei suoi giocatori, ma allo stesso tempo dispiaciuto per quanto accaduto sul campo di gioco e «per lo spettacolo vergognoso offerto a livello mondiale dai nostri vicini». Ma il primo ministro dovrà anche risolvere la questione inerente al possibile coinvolgimento del fratello Olsi, un medico con casa negli Usa, perché accusato di essere stato proprio lui a guidare il drone all’interno dello stadio e per questo sarebbe stato arrestato dalla polizia serba. Varie le smentite, poi la versione definitiva: effettivamente sarebbe stato fermato per una cinquantina di minuti, quindi rilasciato.

«È stata una situazione di grande pericolo», ha raccontato il ct italiano dell’Albania Gianni De Biasi, secondo il quale l’impianto di Belgrado era inadeguato per quel tipo di partita. Una volta rientrati a Tirana, il ct e la squadra sono stati accolti da 5 mila tifosi, molti giunti anche dal Kosovo, pronti ad accogliere la nazionale, considerata dai più «eroica»: «Siamo fieri di voi, del gioco e della dignità dimostrata», ha dichiarato il vice premier Niko Peleshi, in una conferenza stampa all’aeroporto.

Intanto, dopo quanto accaduto, sale la tensione per la visita dello stesso premier albanese a Belgrado che avverrà il prossimo 22 ottobre. La prima visita ufficiale dopo 66 anni.

Renato Paone

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