In molti erano convinti che già nel 2013 il Nobel per la pace sarebbe toccato a lei. Alla fine per Malala Yousafzay, la ragazza pachistana sparata alla testa dai talebani per la sua lotta a favore dell’istruzione femminile, il riconoscimento da Oslo è arrivato quest’anno.
Insieme a lei, sul palco del Nobel, il 10 dicembre salirà a ricevere lo stesso premio anche Kailash Satyarthi, attivista indiano che si batte da anni contro lo sfruttamento minorile e che, con la sua organizzazione Bachpan Bachao Andolan, ha permesso di liberare circa 80mila bambini dalla schiavitù, favorendone la reintegrazione sociale.
A motivare la decisione dei giudici del Nobel è stata la volontà di dedicare questa quarta edizione del Premio alla lotta contro lo sfruttamento dei minori per fini economici.
Da qui la scelta di premiare Kailash e Malala. “Sono onorata per aver ricevuto il prezioso Nobel”, ha affermato la ragazza sopravvissuta all’attacco dei talebani e ha aggiunto: “Mi sento molto potente e molto coraggiosa perché questo premio non e’ un pezzo di metallo o una medaglia da indossare o da appendere nella stanza, ma e’ un incoraggiamento ad andare avanti”.
Nella decisione dei giudici va letto anche un tentativo di trasmettere un messaggio di distensione tra i due paesi di provenienza dei premiati, l’India e il Pakistan, in guerra dal ’47. Da qui l’invito della17enne, rivolto ai premier dei due paesi, l’indiano Narendra Modi e il pachistano Nawaz Sharif, a presenziare alla premiazione per simboleggiare la volontà di aprire un dialogo.
Silvia Renda