NEWS ANSA

Sito aggiornato alle 13:00 del 28 marzo 2025

HomeCronaca NAPOLI1/ Slow food, no agli sprechi e agli ogm. La stagionalità e i prodotti a Km0 per mangiare sano e in sicurezza

NAPOLI1/ Slow food, no agli sprechi e agli ogm. La stagionalità e i prodotti a Km0 per mangiare sano e in sicurezza

di Maria Lucia Panucci10 Ottobre 2014
10 Ottobre 2014

cinziaDi cibo non si è mai parlato tanto come in questi giorni. Giornali, televisione, libri, guide, blog: la cucina è dovunque protagonista e tutti sembrano padroneggiare perfettamente  il vocabolario gastronomico. Ma si riflette mai sul senso delle parole che vengono utilizzate? È questo l’invito di “Mangia come parli, il libro di Cinzia Scaffidi, vice presidente di Slow Food Italia e direttore del Centro studi dell’associazione internazionale no profit che difende il diritto a un’alimentazione buona, pulita e sicura.

Si tratta di un percorso, lessicale e semantico, dalla A di agricoltura alla Z di zappare, un viaggio attraverso 100 parole che hanno attraversato i nostri ultimi 50 anni di storia e che raccontano il mondo che ruota intorno al cibo e in particolare all’agricoltura: economia, business, consumismo di massa e frodi, pubblicità, marketing. Ma soprattutto strategie che hanno nel tempo trasformato l’agricoltura da un’azione “per avere qualcosa da mangiare” a una “per avere qualcosa da vendere”.

Prodotti di qualità, ogm, grande distribuzione, accorciamento della filiera alimentare. Temi caldi che Slow Food da sempre tratta e affronta nell’ottica di un maggiore rispetto per i contadini, per la salvaguardia dell’agricoltura e soprattutto in nome della buona tavola e della buona cucina. All’XI Forum internazionale dell’informazione per la salvaguardia del creato promosso a Napoli da “Greenaccord” Cinzia Scaffidi ha parlato proprio di questo e, prendendo spunto dal suo libro, ha spiegato quali sono i segreti del mangiar bene senza sprechi e in barba al sistema della grande distribuzione organizzata. “Bisogna acquistare solo le quantità che ci servono – ha detto al forum- cercando di comprare direttamente dal produttore oppure organizzandosi in modo da non avere filiere troppo lunghe e privilegiando più gli ingredienti e meno i prodotti assemblati o lavorati come per esempio l’insalata in busta che costa 5 volte di più e che solo in teoria ci fa risparmiare tempo”.

Conoscere poi l’origine dei cibi che mangiamo è fondamentale: “La tracciabilità è purtroppo possibile per quei cibi che hanno subito in passato dei traumi come per esempio la carne bovina per via della mucca pazza”, ha precisato la Scaffidi. I consumatori possono informarsi da soli magari chiedendo la provenienza al produttore se comprano direttamente da lui o documentandosi su come lavora l’azienda al cui marchio stanno dando fiducia.

Ma per orientarsi sulla spesa un criterio infallibile, secondo Slow Food, è quello della stagionalità e di comprare prodotti a Km0. Originariamente questa “sigla” riguardava solo le automobili ma non fu mai messa in pratica. L’idea di applicare il concetto di Km 0 al cibo si deve a Coldiretti che, una decina di anni fa, scelse questa formula per incentivare il consumo di cibo locale e di stagione non solo per favorire le produzioni italiane ma anche per indicare una via alla sostenibilità

Certo, come tutti gli slogan, l’idea di Km 0 va considerata come un’indicazione generale. “Se la interpretiamo in modo letterale, risulta infatti irrealizzabile in moltissimi casi – ha spiegato la direttrice – basti pensare alle grandi metropoli i cui centri abitati si estendono per chilometri senza incontrare alcun centro di produzione primaria, oppure ai territori devastati dall’inquinamento chimico. Bisogna quindi prestare attenzione a chi proclama che il suo cibo è a Km0 e chiedere innanzitutto di “quale” chilometro si sta parlando. Le coordinate sono importanti quanto le distanze”.

Altre volte, poi se c’è una effettiva produzione di cibo locale e di qualità, l’intreccio delle normative e dei servizi offerti da un territorio fa sì che un alimento debba sobbarcarsi qualche centinaio di chilometri nella fase di trasformazione: gli allevatori spesso devono ricorrere a mattatoi molto lontani dalle loro sedi. I salumieri o i panettieri spesso utilizzano materie prime che arrivano da lontano e questo certamente indebolisce il valore dei loro prodotti in termini di espressione del territorio e di protezione ambientale.

Insomma per Cinzia Scaffidi Km 0 va inteso più come un modus operandi che come una descrizione precisa e inappellabile. Quando si parla di prodotti a Km0 vuol dire che si scelgono sementi tradizionali, adattate ad un territorio e meno bisognose di input esterni per la loro crescita con conseguenze positive in termini di gusto e di salute. La sede dell’acquisto sarà poi il luogo stesso della produzione o un mercato di vendita diretta. Km0 è sicuramente sinonimo di qualità e affidabilità ma occorre sempre mantenere alta la curiosità e la voglia di informarsi, “per non consegnarsi- come precisa la Scaffidi- in modo asettico ad uno slogan che  rischia di diventare un’etichetta affascinante su una scatola vuota, se non è sostanziato dalla nostra cultura e dalla nostra consapevolezza”.

E se ci riappropriamo del cibo come di un pezzo di cultura ne ridurremo anche lo spreco.

Maria Lucia Panucci

 

 

Ti potrebbe interessare

logo ansa
fondazione roma

ARTICOLI PIU' LETTI

Carlo Chianura
Direttore delle testate e dei laboratori
Fabio Zavattaro
Direttore scientifico
@Designed & Developed by Bedig