Si parte? Non si parte? Mancano solo due giorni all’inaugurazione del primo tratto della metro C a Roma, ma ancora è rebus sull’apertura, dopo che ieri il ministero dei Trasporti ha negato il nullaosta. Le ragioni: la rete presenta ancora anomalie e rischi per la sicurezza, manca parte della documentazione richiesta e ancora non è stato verificato che il personale dell’Atac abbia completato la formazione per gestire la nuova linea, che per ora andrà da Pantano a Centocelle. Un disastro, insomma.
D’altronde è dal 2002 che i romani aspettano, che sarà mai qualche giorno in più? Il sindaco Ignazio Marino però è furioso e sfodera un’inedita tempra da combattente: «Verrebbe da prendere a calci nel sedere tante persone», si sfogava ieri. Per questo, in sella alla fedele bicicletta (e non si può dargli torto, viste le condizioni dei mezzi pubblici cittadini), si precipita alla sede del ministero, promettendo di occuparla finché non riceve il verbale che, punto per punto, giustifica l’altolà della commissione. Dopo qualche ora il verbale arriva. Non fa nomi e cognomi, ma per Marino è chiaro chi sono i colpevoli.
Scatta allora la convocazione immediata in Comune per le imprese costruttrici (Moretti e Caltagirone), gli assessori al Bilancio e alla Contabilità, i vertici di Atac e Roma metropolitane e perfino, via telefono, il ministro Maurizio Lupi. «In riunione con i rappresentanti di Metro C, nessuno uscirà dal Campidoglio finché non avremo soluzioni certe e data sicura», twitta il primo cittadino. Gli “ostaggi” sono liberi di andarsene solo in tarda serata, quando le imprese del consorzio promettono di consegnare entro le 11 di oggi la documentazione che, per loro, proverà l’infondatezza dei dubbi del ministero. Marino esige che da oggi anche la commissione ministeriale rimanga riunita ad oltranza per esaminare tutte le carte e, se possibile, garantire il taglio del nastro entro sabato come da programma. Altrimenti, giura, partiranno le penali nei confronti delle imprese che hanno causato l’ennesimo ritardo, mentre l’opposizione chiede la testa dell’assessore alla Mobilità Guido Improta.
Comunque andrà a finire, la corsa contro il tempo della metro C è l’esito di dodici anni di rinvii (il primo tratto avrebbe dovuto essere inaugurato nel 2007), di proteste sindacali, costi lievitati, infiltrazioni mafiose e inchieste giudiziarie. L’ultima grana, in ordine di tempo, è il danno erariale di oltre 360 milioni di euro contestato dalla Corte dei Conti del Lazio alla Roma metropolitane srl. Al momento, però, il problema più urgente è forse quello denunciato oggi da Repubblica, cioè il malfunzionamento del maxi cervello elettronico che dovrebbe controllare l’intero sistema dei treni driverless, senza autisti. Secondo i tecnici collaudatori intervistati dal quotidiano romano, il software progettato dall’Ansaldo – e sulla carta sofisticatissimo – ha in realtà un sacco di falle. Risultato: migliaia di falsi allarmi al giorno (che però, per protocollo, impongono di fermare i convogli) e guasti continui, tanto da rendere necessaria la presenza di una quantità di controllori in carne ed ossa, nelle stazioni e addirittura a bordo dei treni. Con buona pace del pilota automatico.
Anna Bigano