A una settimana esatta dal referendum “farsa” sul contratto di lavoro dei giornalisti, la Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi) ha finalmente deciso di renderne noti i risultati, pubblicando sul sito del sindacato, l’esito del voto regione per regione. Un dettagliato consuntivo “faticosamente” maturato, addirittura dopo una settimana, da parte di un sindacato di giornalisti che non mostra di stare proprio “sul pezzo”, almeno per quanto riguarda la trasparenza dei comunicati forniti ai propri iscritti. Basti pensare che alla vigilia del referendum indetto lo scorso 26 settembre dalla stessa Federazione, sul sito del sindacato non c’era alcuna traccia del referendum, né delle sedi nelle quali votare, come se l’assemblea capeggiata da Franco Siddi e compagni, avesse voluto scoraggiare i professionisti a recarsi all’urna.
Indubbiamente quello che emerge dalla lista che svetta in cima al sito della Fnsi – che colloca, accanto alle 20 regioni d’Italia nelle quali si è votato, il numero degli aventi diritto e la cifra dei votanti – è una vera Caporetto per tutti coloro che avevano ipotizzato un’eventuale abolizione dell’attuale contratto di lavoro. Stando ai risultati forniti dalla Fnsi, in Calabria nessun giornalista si è recato alle urne per votare “si” all’abolizione del contratto. In Friuli Venezia Giulia, invece, un solo giornalista, su 894 aventi diritto, ha partecipato al referendum, mentre in Molise sono stati 3 i professionisti recatisi all’urna. Il maggior afflusso è stato registrato nel Lazio (dove hanno votato 427 su 7.715 iscritti, ovvero il 5,5%), in cui i risultati del voto consultivo indetto dalla Federazione Nazionale, si sono sommati a quelli di un altro referendum gemello, indetto dall’Associazione Stampa Romana (Asr), in opposizione a quello della Fnsi.
Addentrandosi nell’avvincente quanto raccapricciante questione della duplice consultazione indetta, gli stessi giorni, da due sindacati all’interno di una medesima regione, viene fuori una profonda spaccatura tra due realtà che dovrebbero costituire, all’unisono, scudo comune, a tutela dei propri iscritti. L’Associazione Stampa Romana aveva indetto, per il 26 e 27 settembre scorso, un referendum sul contratto di lavoro, invitando i propri iscritti a votare “no” al rinnovo del contratto. Una sorta di reazione al sindacato nazionale che aveva posto come quorum (altissimo e irraggiungibile) il 50% più uno degli aventi diritto (contrattualizzati, freelance, pensionati), istituendo due soli seggi a Roma.
Con maggiore solerzia rispetto ai colleghi della Fnsi, l’Associazione Stampa Romana, aveva reso noti i risultati già sabato scorso, a conclusione del referendum, entusiasta dei 998 “no” su un pubblico di 1.802 votanti. “Una grande vittoria di democrazia sindacale – era stato il primo commento dell’Asr -. L’Associazione Stampa Romana ha deciso di restituire voce ai giornalisti del Lazio dando loro l’opportunità di esprimersi su accordi che modificano radicalmente gli istituti del contratto (come ad esempio l’ex fissa ndr) e introducono nuove tipologie di assunzione. Ringrazia pertanto tutte le colleghe e i colleghi che hanno votato, smentendo così le burocrazie sindacali che hanno negato loro il diritto di esprimersi”.
“Dopo ben quattro approvazioni da parte degli organismi legittimata a farlo – si legge sul sito Giornalisti Italia del vice presidente Fnsi Carlo Parisi – il contratto nazionale di lavoro giornalistico voluto e firmato dal segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, e dal presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, era già in vigore da tre mesi e non doveva essere sottoposto a referendum. Se la Giunta Esecutiva e la Consulta delle Associazioni Regionali di Stampa hanno voluto concedere questo quinto passaggio non dovuto, è stato solo per un estremo atto di democrazia e cortesia nei confronti di quanti, alle ripetute bocciature, continuano a chiedere inutili rivincite”.
Intanto sul sito “Punto e a capo” Pierluigi Franz, presidente dell’Unione romana pensionati, aderendo alla decisione di Punto e a Capo, di lasciare la Federazione della Stampa, ha chiesto l’intervento dei probiviri per valutare la regolarità del referendum che ha posto “giganteschi interrogativi”.
Una vicenda che va avanti tra silenzi, improvvisi slanci di lealtà e colpi di frusta, all’interno dei corridoi che dovrebbero rappresentare il tempio dei diritti e della trasparenza, soprattutto se i protagonisti delle vicende assurgono al rango di numi tutelari di un’informazione libera e democratica.
Samantha De Martin