All’indomani del referendum “farsa” indetto dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) sul contratto di lavoro, non si placa la bufera sul sindacato guidato da Franco Siddi, accusato dall’Associazione Stampa Romana e da numerosi iscritti, non soltanto di non fare gli interessi della categoria, ma addirittura di agire contro i lavoratori stessi.
La Fnsi aveva indetto, per il 26 e 27 settembre scorsi, un referendum con il quale i giornalisti sono stati chiamati a esprimersi sul rinnovo del contratto di lavoro nazionale, ponendo come quorum (altissimo e irraggiungibile) il 50% più uno degli aventi diritto (contrattualizzati, freelance, pensionati) e istituendo solamente due seggi a Roma. Tutti elementi che, aggiunti allo strano silenzio riguardo al referendum, sul sito stesso della Fnsi, lascerebbero pensare ad una voluta scelta di scoraggiare i partecipanti a recarsi all’urna. Ed è per questo che l’Associazione Stampa Romana, contestando fortemente il referendum nazionale, ha deciso così di indire, sempre negli stessi giorni, un altro referendum parallelo, una sorta di reazione al sindacato nazionale, invitando gli iscritti a votare “no” al rinnovo del contratto. Lo scrutinio di questo referendum indetto dall’Asr è stato reso noto sabato ed ha visto la partecipazione di 1.802 giornalisti che si sono espressi con 998 “no” e 73 voti favorevoli. “Una grande vittoria di democrazia sindacale – si legge in una nota dell’Asr –. L’Associazione Stampa Romana ha deciso di restituire voce ai giornalisti del Lazio dando loro l’opportunità di esprmersi su accordi che modificano radicalmente gli istituti del contratto (come ad esempio l’ex fissa ndr) e introducono nuove tipologie di assunzione. Ringrazia pertanto tutte le colleghe e i colleghi che hanno votato, smentendo così le burocrazie sindacali che hanno negato loro il diritto di esprimersi”.
Intanto, sul sito della Fnsi non c’è alcuna traccia del risultato del referendum “fantasma”. Piuttosto campeggia, in apertura, la notizia che annuncia “importanti passi avanti per la piena applicazione del contratto” con riferimento all’approvazione di delibera, da parte dell’Inpgi (Istituto Nazionale di Previdenza Giornalisti Italiani), per il lavoro e l’indennità. “L’approvazione della delibera sulla riduzione delle aliquote contributive per le nuove assunioni da parte dell’Istituto di previdenza dei giornalisti– dicono dalla Fnsi – consentirà di utilizzare gli 11 milioni di euro messi a disposizione dal Governo per favorire la nuova occupazione nel settore, mentre saranno incentivate le assunzioni a tempo indeterminato”. “Il Cda dell’Inpgi – continua il comunicato della Federaziona Nazionale Stampa Italiana – ha approvato un prestito di 35 milioni di euro al sistema dell’editoria Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali), che consentirà di pagare ratealmente gli importi per chi è in attesa da 5 anni”. La rateizzazione inizierebbe a partire da gennaio 2015, data entro la quale potrebbe concludersi l’iter di approvazione da parte dei Ministeri vigilanti dell’Economia e del Lavoro della delibera dell’Inpgi. Intanto tutti coloro che sono in attesa della prestazione da anni, riceveranno una prima erogazione di 10mila euro a gennaio.
La forte spaccatura tra Fnsi, rappresentanti dell’Associazione Stampa Romana e professionisti dell’informazione, è ormai vistosa e si palesa negli articoli che corredano le pagine online delle principali testate vicine ai sindacati e al mondo dell’informazione.
In un intervento pubblicato su “Punto e a capo”, Carlo Chianura aveva rivolto una durissima accusa allla Fnsi, costituitasi parte civile contro i suoi stessi iscritti pensionati.
Una vicenda, quella cui allude Chianura, che ha per protagonisti il sindacato nazionale, guidato dal segretario Franco Siddi, i 1.207 giornalisti che hanno versato nel tempo i contributi e assistono all’ex fissa ridotta a brandelli dall’ultimo contratto, l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi) e la giunta della Fnsi che ha scelto di schierarsi contro i pensionati. “I lavoratori aspettano da anni di incassare un emulamento su cui da sempre facevano affidamento e che tarda scandalosamente ad arrivare – spiega Chianura su “Punto e a capo” -. Dopo aver deciso di rivolgersi alla magistratura per esigere il rispetto delle regole, hanno ottenuto ragione con un regolare giudizio”. Si tratta di pensionati quasi tutti iscritti a un sindacato che, stando a quanto si legge su “Punto e a capo”, “ha contribuito a farli espellere a 58 anni dal mercato del lavoro, senza preoccuparsi di garantire la buona salute del fondo dal quale quell’emulamento doveva arrivare”. “Sappiate che ora questo sindacato ha preso la decisione di costituirsi in giudizio contro quei loro stessi iscritti – tuona nell’articolo Carlo Chianura – affinchè il giudice non riconosca quel loro diritto nel giudizio di merito che ci sarà molto presto”.
La pagina online “Punto e a Capo”, nata inizialmente come componente sindacale della Fnsi, parla di “imbarbarimento della professione”, per via di un “sindacato che persegue giudizialmente i propri iscritti, il cui unico torto è di chiedere alla magistratura dello Stato italiano il rispetto di un proprio legittimo diritto” e della conseguente decisione (politica) della testata online di lasciare la Federazione della Stampa. “È un sindacato che ha firmato negli anni accordi vergognosi – tuonano – che ha organizzato referendum farsa sul contratto, che ha tenuto bordone a una classe di editori soi-disant che con i soldi dello Stato e la cassa comune dell’Inpg, tra il 2011 e il giugno di quest’anno, hanno espulso 3.150 giornalisti dal mercato del lavoro”.
Il sito “Senza bavaglio” accusa la Fnsi di fiancheggiare gli editori deliberando di costituirsi parte civile contro quei giornalisti che si rivolgeranno al giudice per ricevere la fissa, e condanna una dirigenza Fnsi “che ha utilizzato il sindacato per i propri interessi, picconando i giornalisti e la loro dignità. “Senza bavaglio” pubblica poi un intervento, ritenuto “comico”, di Daniela Stigliano, che si autofirma vicesegretario della Fnsi. “Dire sì al referendum – si legge nell’intervento della Stigliano riportato da “Senza bavaglio” – significa puntare a credere al futuro del giornalismo all’interno di regole nuove ma certe. Da conquistare di fronte a editori che vorrebbero invece imboccare la strada della deregulation e dello smantellamento di tutele e garanzie. Ecco perchè è stato fissato un quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto”.
All’indomani del duplice referendum e dei misteriosi silenzi da parte del sindacato nazionale, una profonda e vistosa frattura continua a insinuarsi tra quegli organismi che si vantano di portare alto il baluardo dei diritti e della trasparenza, a tutela dei professionisti dell’informazione. Con risvolti preoccupanti e poco entusiasmanti prospettive.
Samantha De Martin