E’ancora stallo sulle nomine per il Consiglio superiore della magistratura e per la Consulta della Corte costituzionale.
Si avanza a piccoli passi: dopo tre votazioni a vuoto e l’elezione, mercoledì, di Fanfani e Legnini, nella giornata di ieri è stato eletto tra i laici Antonio Leone (Ncd). Sfiorano soltanto l’elezione Teresa Bene, consulente del ministro Orlando all’Ambiente, che manca l’obiettivo per soli 10 voti e la senatrice Elisabetta Casellati, ferma a quota 473 preferenze quando ieri il quorum era stato fissato a 490. All’appello adesso mancano ‘solo’ cinque membri del Csm e l’appuntamento è fissato per lunedì con il rischio (grosso) che la votazione si concluda con un nuovo nulla di fatto – causa il cosiddetto ‘partito del trolley’ che farà si che probabilmente la prossima votazione utile sia martedì.
Situazione molto ingarbugliata anche per l’elezione dei giudici della Consulta, con i partiti di governo che mostrano diverse spaccature al proprio interno. In particolare la debolezza dimostrata sinora da Pd e Fi mette in risalto le faide interne ai due partiti.
Per questo Luciano Violante, appoggiato da Pd, Ncd ed in parte da Fi si ferma a quota 468 voti (quando il quorum per essere eletti è di 570 preferenze). Ancora più indietro Antonio Catricalà, ex sottosegretario a Palazzo Chigi, fermo a quota 368 voti, che paga l’avanzare sempre più spedito di Donato Bruno di Forza Italia, che si è fermato a quota 120 preferenze ma che appare in ascesa. Inizia a carburare invece Augusto Barbera che, nonostante i soli 11 voti raccolti, a detta di mezzo Partito Democratico è il vero candidato di Renzi. Non sono esclusi colpi di scena, tanto che a Montecitorio si inizia a vociferare di sorpassi in corsa con Barbera e Bruno pronti a sopravanzare Catricalà e Violante nelle preferenze.
Nel frattempo il ritardo nelle nomine inizia a preoccupare, e non poco, i vertici dello Stato. Così a scendere in campo è stato lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha più volte sollecitato i parlamentari. Non solo perché anche Piero Grasso, presidente del Senato, ha ‘sbottato’ affermando che “non è possibile che ogni volta che ci sono delle nomine il Paese si debba bloccare in attesa che i gruppi trovino l’accordo prima al loro interno e poi tra di loro. Consulta e Csm debbono poter funzionare subito, l’Italia ha molte urgenze da affrontare, non si può perdere tempo”.
Mario Di Ciommo