Nel tormentato scenario dei bombardamenti di Gaza, l’ennesima tregua di 72 ore tra Israele e Hamas, (annunciata nella serata di ieri dal portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric, in un comunicato congiunto con il segretario di stato Usa John Kerry) è stata violata già nella prima mattinata di oggi con la denuncia, da parte israeliana, di un militare rapito e le accuse, da parte di Hamas, di nuovi colpi di mortaio che, a Rafah, avrebbero provocato un’altra ventina di vittime. L’ipotesi di negoziati proposti dall’Egitto per tentare di raggiungere l’accordo su un cessate il fuoco durevole aveva aperto un barlume di speranza sull’ipotesi della fine di un conflitto giunto ormai al 23esimo giorno ma anch’essa è rapidamente fallita.
Bombe sulla scuola Onu e sul mercato. La mano di Israele, carica di bombe, continua a macchiarsi del sangue dei bambini, terrorizzando, adesso, anche i loro sogni, mentre dormono, di notte, in una scuola dell’Onu, mentre cercano riparo all’avanzare dei combattimenti, ammassati nelle aule e nel cortile. Si insinua persino tra i banchi del mercato ortofrutticolo di Gaza City.
L’ennesimo recente massacro ad opera dell’artiglieria israeliana si è compiuto mercoledì 30 luglio nella scuola elementare di Jabalya dell’UNRWA, l’Agenzia per le Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei profughi palestinesi, dove sette colpi di cannone hanno fatto fuori 23 civili che cercavano di dormire in una delle aule, ferendo 80 persone e devastando un’area di circa cinquecento metri quadrati. “Nulla di più vergognoso che attaccare dei bambini mentre dormono” è stata la condanna al grave atto da parte del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, mentre il direttore dell’UNRWA Pierre Krahenbuhl non ha mostrato dubbi: “È stata l’artiglieria israeliana a colpire la nostra scuola, dove 3.300 persone avevano trovato rifugio. Tutte persone che avevano seguito l’avviso dell’esercito israeliano di lasciare le proprie case per mettersi in salvo ed erano sotto la nostra protezione”.
Con la stessa spietatezza del “pifferaio magico” protagonista della fiaba raccontata dai fratelli Grimm, Israele continua così a trascinare civili in strutture apparentemente sicure per poi bombardarle pesantemente. Com’è accaduto nel corso del secondo attacco avvenuto sempre mercoledì al mercato ortofrutticolo del vecchio quartiere ottomano di Gaza, dove, approfittando della “tregua umanitaria” annunciata, la folla si era riversata per fare qualche provvista. Ma un raid aereo israeliano, scaricando quattro bombe tra i banchi, ha ucciso sedici persone ferendone 150. Vittime che vanno ad aggiungersi ai 1.400 morti palestinesi e ai circa 40 soldati israeliani. Una gara all’ultimo morto sotto la pioggia di bombe di Israele e dei missili di Hamas. Una guerra dominata dalla psicosi del terrorismo, in una caccia ai tunnel divenuta ormai un pretesto insufficiente a giustificare un massacro divenuto ogni giorno più ingestibile.
L’appello di Obama. E mentre il presidente emerito Shimon Peres riconosce che “Israele ha esaurito l’opzione militare”, confidando in una “soluzione diplomatica” alla crisi di Gaza, il presidente americano Barack Obama, a colloquio telefonico, domenica, con Netanyahu ha tuonato: “Mi aspetto che Israele cessi unilateralmente tutte le operazioni militari. Le immagini della distruzione di Gaza alieneranno il mondo da Israele”. Ed infatti non sono mancati, in questi ultimi giorni, episodi in cui la rabbia contro la politica militare di Netanyahu è sfociata in ingiustificate espressioni di antisemitismo, a Roma come a Berlino. Ma lo sdegno dell’Europa, le fiaccolate come quella tenutasi sotto la sede de Il Foglio “per Israele e i cristiani perseguitati” non sono bastate. E non basta, a quanto pare, l’ultimatum dell’uomo più potente del mondo che urla al telefono a Netanyahu un immediato blocco dei raid. E nemmeno l’appello di papa Francesco che ha rivolto il suo pensiero a quei “bambini che hanno come giocattoli residui bellici”, rivolgendo un’accorata preghiera per una pace immediata.
I silenzi della politica. Scarso e comunque marginale l’interesse in Italia per le vicende di Gaza. Il premier Matteo Renzi, è intervenuto l’ultima volta il 13 luglio scorso quando, al Tg1, aveva lanciato un appello per “fermare i terroristi”, sottolineando in quell’occasione “la necessità di garantire il diritto alla sicurezza di Israele e il diritto alla patria del popolo palestinese”. Nè si registrano – al contrario di quanto è accaduto in Francia, in Inghilterra e in tanti altri Paesi europei – manifestazioni di protesta o “marce della pace”
I bambini di Gaza. Nella sottile Striscia lunga quaranta chilometri, larga dieci, nella quale la chiusura di quasi tutti i valichi ha reso difficile anche l’arrivo di aiuti umanitari internazionali, non c’è posto per l’infanzia. Qualcuno come Mohammed – il bambino di tredici anni sopravvissuto ai raid sul rione popolare di Sajayia raso al suolo in poche ore – ha deciso di far conoscere a tutti le sofferenze quotidiane causate dal conflitto, attraverso disegni che immortalano personaggi senza gioia, bambini che raccontano al mondo il loro dolore. Come i 9 piccoli morti tre giorni fa in un parco giochi, colpiti da un missile mentre giocavano su un’altalena. Dopo 23 giorni di massacri, a Gaza, l’unica cosa ad essere cessata è il diritto all’infanzia.
Samantha De Martin