E’ passato un anno dal rapimento in Siria di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita 58enne amico dei ribelli anti-Assad. Espulso per questo dal governo di Damasco dopo trent’anni trascorsi in Medio Oriente, vi era rientrato clandestinamente per una non meglio precisata «missione», durante la quale probabilmente intendeva mediare la liberazione di alcuni ostaggi.
L’appello. Le ultime immagini di padre Dall’Oglio risalgono al 28 luglio 2013 e lo mostrano mentre fa il segno della vittoria in mezzo ad una folla di attivisti anti-Assad. Più volte negli mesi scorsi il ministero degli Esteri italiano ha cercato di mettersi in contatto con le varie fazioni in lotta e ha chiesto il silenzio stampa «per non compromettere l’esito delle trattative», ma a distanza di un anno di padre Dall’Oglio si è persa ogni traccia. Per questo nei giorni scorsi i suoi familiari hanno rivolto un appello drammatico ai rapitori per chiedere sue notizie: «Vorremmo riabbracciarlo, ma siamo anche pronti a piangerlo», hanno detto.
L’ISIS. Per tutta la vita padre Dall’Oglio ha predicato il dialogo interreligioso, in particolare tra cristiani e islamici. Negli anni Ottanta aveva fondato, nel deserto a nord di Damasco, una comunità monastica nell’antico monastero di Mar Musa (san Mosè l’Abissino), aperto a cristiani di varie confessioni. E’ verosimile che durante la sua «missione» il gesuita dovesse incontrarsi con alcuni dirigenti dei ribelli anti-Assad, con cui era già in contatto fin dal 2011. Nel frattempo però, la guida di quella coalizione è stata presa dai miliziani integralisti che hanno dato vita al sedicente “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante” (o “dell’Iraq e della Siria”, secondo altre traduzioni), che controlla ormai il nord e l’est del paese. Padre Dall’Oglio avrebbe cercato di mediare tra i capi ribelli e questo lo avrebbe reso pericoloso agli occhi dei miliziani più estremisti, che lo avrebbero rapito mentre si trovava nella cittadina di Raqqa. La sua morte è stata annunciata più volte, ma, in mancanza di alcuna notizia certa, rimane la speranza che, nonostante tutto, possa essere ancora vivo e tenuto in ostaggio in vista di future trattative.
Di Alessandro Testa