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Alitalia, sono più di 2200 i dipendenti che rischiano il posto. Sindacati: “Niente licenziamenti”

di Domenico Cappelleri09 Luglio 2014
09 Luglio 2014

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Non sono tempi felici per i lavoratori di Alitalia. Dopo il diktat di Etihad “senza tagli, niente investimento di 580 milioni”, la prima giornata di trattative si è chiusa con una smentita da parte della società Aeroporti di Roma, che ha negato l’opzione di ricollocare il personale di Alitalia.Tiene banco la possibilità sposata dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, di riportare in Italia il reparto manutenzioni, attualmente impiegato in Israele, che darebbe posto a 200-250 dipendenti.
Secondo indiscrezioni, esiste un documento, del quale i vertici della società hanno vietato la riproduzione delle slide proiettate, che ha spiegato alle organizzazioni di categoria, gli aspetti finanziari dell’operazione di salvataggio. Compreso il fatto che gli attuali soci Alitalia, Poste Italiane incluse, saranno chiamati a sborsare altri 250 milioni di euro prima del matrimonio con Etihad. Nel documento è stato confermato che gli esuberi saranno complessivamente 2251.
Intanto i sindacati si preparano a dare battaglia: «La nostra posizione è chiara: niente licenziamenti, – ha dichiarato il segretario nazionale della Filt Cgil Mauro Rossi -. Il modo per gestire gli esuberi è il ricorso agli ammortizzatori sociali, in accordo con il sindacato». Duro il segretario nazionale della Uilt, Marco Veneziani: «L’allenza con Etihad è una grande opportunità che non si può perdere, pena il fallimento di Alitalia. A pagare però non possono essere i lavoratori. Il sindacato è impegnato a ridurre gli esuberi il più possibile e a ricollocare i lavoratori nelle aziende dalla filiera. Per coloro invece che non riusciranno a mantenere il posto, occorre garantire il reddito anche con l’utilizzo degli ammortizzatori sociali». Come aggiunge Veneziani i già si sono fatti carico dei tanti errori del management e della compagine azionaria. «Perciò – conclude – diciamo sì a Etihad, ma non a carico di chi ha già pagato troppo».

Domenico Cappelleri

 

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