HomePolitica Riforme, Renzi attaccato da Grillo. Ma si trovano dieci punti di convergenza

Riforme, Renzi attaccato da Grillo. Ma si trovano dieci punti di convergenza

di Nicola Maria Stacchietti08 Luglio 2014
08 Luglio 2014

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Dopo l’incontro mancato di ieri (il secondo) tra esponenti del M5s e Pd, i botta e risposta tra i due schieramenti si erano susseguiti per tutta la giornata fino alla dichiarazione di guerra di Grillo: “Siamo alla dittatura di un ebetino, anzi di un ebetone che avevo sottovalutato”. Sembrava che il tavolo delle trattative sulle sospirate riforme fosse saltato del tutto, ma ancora una volta si assiste ad uno di quei dietro-front schizofrenici tipici dell’M5s, particolarmente dopo lo shock elettorale delle europee. Grillo rende quindi noti i dieci punti di convergenza col Pd, che aveva interrogato M5s su dieci questioni, appunto. Ma con le dovute riserve.

Sul premio di maggioranza M5s dice sì, ma con la soglia al 50% (per ora Italicum fermo a 37%), e con il premio che farebbe raggiungere al vincitore appena il 52% dei seggi. Primi due “ni”.
Molte divergenze anche sul titolo V (“l’impianto proposto nell’attuale riforma non è funzionale alla risoluzione dei problemi provocati dalla riforma del 2001) e sul superamento del bicameralismo perfetto: ” Irrinunciabile il Senato elettivo”. Mentre sul taglio delle indennità e il pugno duro sull’immunità, ampie convergenze: ” La nostra proposta è semplice: affinché l’immunità non diventi occasione di impunità e tuttavia preservi il parlamentare nella sua essenziale funzione di rappresentante dei cittadini, riteniamo necessario e sufficiente cancellare le immunità attualmente previste, all’infuori dalla garanzia dell’insindacabilità per le opinioni e i voti espressi”. Disponibilità anche sulla diminuzione dei collegi elettorali e l’abolizione del Cnel.
Ma contro l’Italicum si sta aprendo un fronte comune tra forze politiche, in maniera trasversale: Corsini e Mineo del Pd, Minzolini di Fi, De Petris (Sel), e Campanella (Misto) hanno presentato un sondaggio secondo cui il 63% degli elettori preferisce abolire il Senato, il 34% gli attribuirebbe altre funzioni, ma se proprio deve restare in funzione allora il 55% lo vorrebbe eletto dal popolo, e non composto di consiglieri regionali e sindaci.
In particolare Minzolini attacca il premier: “Ha superato il senso del ridicolo: ha una maggioranza mai vista e si preoccupa così tanto di Mineo, Corsini e Minzolini? Si prenda le sue responsabilità. Non ha senso parlare contro i frenatori quando ancora nemmeno si è potuto vedere il testo di questa riforma”. Si accoda anche il ministro Martina: “Sulla legge elettorale sono necessari dei miglioramenti. Io rivendico che la minoranza Pd ha contribuito a migliorare le proposte di riforma del Senato e del Titolo V, può farlo anche con l’Italicum”.
Ma Renzi è sicuro: “Chi è più rappresentativo, Mineo, Minzolini o un consigliere regionale? In realtà dietro al nodo dell’elettività si nasconde soltanto il tentativo di tenere in piedi un sistema di potere”.

Nicola Stacchietti

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