Lo sciopero della Rai previsto per domani ci sarà. Nonostante la Cisl e l’Usigrai, il sindacato nazionale dei giornalisti Rai, si siano chiamati fuori già da qualche giorno, le organizzazioni sindacali Slc-Cgil, Uilcom-Uil, e Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind-ConfSal hanno confermato la protesta. A incrociare le braccia, contro il taglio di 150 milioni stabilito dal governo ai danni di viale Mazzini e la vendita di Rayway, saranno i tecnici e gli amministrativi.
Il segretario della Uil, Luigi Angeletti, ha precisato che “lo sciopero dei giornalisti è scongiurato, non il nostro. Non sono la stessa cosa”. Il leader del’Unione generale del lavoro ha spiegato gli intenti del sindacato che rappresenta: “Vogliamo che il governo costringa la Rai a tagliare gli sprechi. Ma non siamo d’accordo che riduca le potenzialità dell’impresa”. Il rischio è che a pagare la spending review siano i più deboli, e Angeletti lo dice chiaramente: “Non si deve indebolire la Rai e lasciare inalterati i privilegi”.
Sono previsti presidii davanti ai centri di produzione e, pertanto, non sono da escludere ripercussioni sulla programmazione. Il lavoro dei giornalisti non è in discussione, dopo la sospensione dello sciopero decisa dall’Usigrai. I notiziari, però, a causa dello sciopero dei tecnici e dei registi non disporranno di contributi esterni e saranno ridotti all’osso. Sono previste, inoltre, modifiche del palinsesto, con la soppressione di alcuni programmi.
E intanto le segreterie nazionali Slc-Cgl e Uilcom-Uil, congiuntamente alle associazioni dei consumatori Federconsumatori e Adusbef, hanno al Ministero dello Sviluppo economico una diffida “che si pone l’obiettivo di bloccare il taglio ampiamente definito incostituzionale dei 150 milioni a carico della Rai”.
Anche l’Usigrai, sebbene abbia sospeso lo sciopero, è critica e chiede a Renzi di passare dalle parole ai fatti. “Il primo passo per permettere alla Rai il rilancio come Servizio Pubblico – precisa il sindacato in una nota – è liberarla dal controllo dei partiti e dei governi. E liberare l’intero sistema editoriale dai conflitti di interessi”.
Nino Fazio