Scioperare o non scioperare: questo è il problema. E per il sindacato dei giornalisti Rai, la soluzione è tutt’altro che scontata. Soprattutto dopo l’ultima apertura del governo all’anticipo del rinnovo delle concessioni. I fatti: dopo la scelta di Renzi di prelevare 150 milioni di euro dal canone della tv di stato per finanziare parte del decreto irpef, l’Usigrai ha alzato le barricate protestando contro tale decisione. “Colpirà i posti di lavoro e non gli sprechi, distruggendo l’azienda”, si è letto in una serie di comunicati sindacali. Oltre alle polemiche sull’evidente vantaggio che ne trarrebbe la concorrente Mediaset. Poi l’annuncio dello sciopero con annessa manifestazione in piazza, prevista per il prossimo 11 giugno. Sciopero che ha trovato l’appoggio della Federazione nazionale della stampa ma che adesso è rimesso in discussione a seguito del confronto con il sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli.
Qual è il problema? Sulla necessità di apportare una spending review anche in Rai sono tutti d’accordo. Ma è sul metodo che è nato lo scontro. La ricetta di Renzi (che ha definito “umiliante” lo sciopero) è chiara: vendere la rete di trasmissione Rai Way e applicare una sforbiciata alle redazioni locali, nelle ventuno sedi (e ventiquattro redazioni) nelle quali secondo il premier ci sarebbero i veri sperperi. Come il caso della Sardegna, con sede sia a Cagliari che a Sassari. Con ingenti spese relative agli immobili, sia di proprietà che in affitto. A Firenze, infatti, c’è una sede Rai sul Lungarno di 18 mila metri quadri. Mentre a Genova, la Rai occupa un grattacielo di dodici piani ma – come emerso da un’inchiesta di Milena Gabanelli – ne occupa soltanto tre.
L’Usigrai invece propone una severa lotta all’evasione del canone, che secondo gli ultimi dati si aggira attorno al 27 per cento. E soprattutto, il sindacato definisce una “svendita” la cessione di Rai Way, in quanto avverrebbe a due anni dal rinnovo delle concessioni per il servizio pubblico, previsto per il 2016. La soluzione secondo l’Usigrai sarebbe insomma quella di anticipare il rinnovo delle concessioni al 2014. Proprio a tale proposta ha aperto Giacomelli, motivo per cui in Rai si sta valutando di rinunciare alla mobilitazione dell’11 giugno.
Anche tra i commentatori esterni della vicenda si sono verificate nette diversità di vedute. Francesco Merlo, ad esempio, ha scritto sulla Repubblica sostenendo le posizioni di Renzi e rimproverando ai dirigenti e sindacalisti della tv pubblica di non aver utilizzato lo stesso pugno duro negli anni in cui “Berlusconi fece della Rai la bottega del suo più sfacciato mercimonio”. Di tutt’altro avviso è il vice direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio, che in uno dei suoi editoriali ha aspramente criticato la scelta del governo. Una decisione che sarebbe figlia, secondo Travaglio, del famoso patto del Nazareno tra il premier e Berlusconi. L’accordo sulle riforme tra il segretario Pd e il leader di Forza Italia avrebbe infatti nascosto – sempre da quanto si legge sul Fatto – un prezzo salato richiesto dall’ex Cavaliere: quello di penalizzare volontariamente la Rai ad evidente vantaggio della concorrente Mediaset.
Roberto Rotunno