Le sigle dei principali movimenti per il diritto all’abitazione manifesteranno a Roma il 12 maggio con un corteo da Piazza della Repubblica al Campidoglio. Il 17 sarà la volta del “Forum italiano movimenti per l’acqua”. In città si alza la tensione nel timore che possano ripetersi gli scontri ei vandalismi che segnarono il corteo dello scorso 12 Aprile.
Il Tempo, quotidiano che ha dedicato una pagina di approfondimento alle due proteste annunciate, paventa il fiorire di “una primavera dei movimenti sociali”, in vista della quale gli “spaccavetrine” stanno già affiggendo manifesti per arruolare nuovi teppisti. Nell’articolo si evocano con toni allarmistici le sassaiole subite dalle forze dell’ordine mentre difendevano il ministero del Lavoro “dall’assalto” dei manifestanti.
“Liberiamo Roma da divieti, rendita e precarietà” è lo slogan che campeggia sul volantino diffuso nella rete dai collettivi per il diritto alla casa. Nel mirino degli organizzatori ci sono il decreto Lupi, il decreto “salva Roma” e il “Jobs Act”; tutte misure che sacrificherebbero “i diritti dei molti per gli interessi dei pochi” utilizzando, come alibi, l’emergenza economica. Sul sito web del “Coordinamento cittadino lotta per la casa” si legge un comunicato che rivendica il successo della manifestazione del 12 aprile, astenendosi dal condannare gli episodi di violenza che hanno fatto notizia in quell’occasione. “Quello che abbiamo ottenuto è sempre scaturito da momenti di conflitto, manifestazioni, tendopoli, occupazioni, blocchi stradali e quant’altro” ribadisce il coordinamento, che evidenzia subito dopo “ritardi, colpe, incapacità dei governanti di dare una risposta vera al bisogno abitativo nella città”.
Va detto, senza voler giustificare alcuna forma di dissenso che trova nella violenza la sua forma di espressione, che i dati sulle politiche abitative del governo italiano confermano l’esistenza di un’emergenza non fronteggiata adeguatamente. Lo Stato ha smesso di investire nelle politiche abitative negli anni Ottanta e, ad oggi, ci sono 650mila persone in fila per una casa popolare; sono invece oltre 30mila gli alloggi popolari sfitti perché mancano i fondi per ristrutturarli. I dati che fornisce Confabitare, il sindcato dei proprietari di casa, disegnano un paese che dedica poche risorse all’edilizia residenziale pubblica rispetto a quella privata: se l’Italia si attesta al 6%, in Francia si arriva al 18% mentre in Germania al 21%.
La crisi economica ha peggiorato uno scenario già preoccupante, basti pensare che le famiglie che hanno ricevuto un avviso di sfratto lo scorso anno sono 68mila. Con questi numeri è sbalorditivo che l’attenzione concessa dai media ad un’emergenza sociale tanto profonda si limiti a panoramiche sbrigative su vandalismi e vetrine infrante.
Raffaele Sardella