Il pubblico ministero Ilda Boccassini raccolse la testimonianza di Pietro Ostuni, capo di gabinetto della questura di Milano, senza autorizzazione. Lo ha dichiarato ieri il procuratore generale milanese Manlio Minale. L’interrogatorio si rivelò decisivo per l’iscrizione di Silvio Berlusconi al registro degli indagati per quello che sarebbe diventato il processo Ruby, fino alla condanna dell’ex Cavaliere a 7 anni di reclusione con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici decisa l’anno scorso.
La Boccassini, secondo Minale , non era all’epoca assegnataria di quel procedimento, ma non è da escludere che possa aver chiesto al procuratore Edmundo Bruti Liberati un’autorizzazione a procedere. Quest’ultimo è, a sua volta, al centro di una violenta discussione con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo che lo ha accusato di irregolarità nell’attribuzione di alcuni fascicoli. Il Dipartimento di Robledo si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione e doveva essere il naturale destinatario della prima interrogazione di Ostuni, passata sotto l’ala di Bruti Liberati e, in sintesi finale, della stessa Boccassini, che tra lunedì e martedì prossimo sarà interrogata dal Csm sulla questione insieme ai colleghi Francesco Greco, Ferdinando Pomarici e Nunzia Gatto.
Le sorti del processo di primo grado, comunque, non risentiranno di questa vicenda. Ciò che la Boccassini ha mostrato come prova resta valido fino all’appello previsto per il 20 giugno.
Reazioni polemiche da Forza Italia, Luca D’Alessandro ha commentato: “Quanto sta emergendo dal procedimento del Csm è un intreccio di irregolarità, abusi, favoritismi e forzature che dimostrano come fosse in vita una Procura nella Procura che aveva lo scopo esclusivo di colpire Silvio Berlusconi”, mentre l’ex Cavaliere ha dichiarato a Radio Capital di non essere meravigliato dell’accaduto: “La pm aveva motivazioni molto forti per interrogare chiunque pensasse avesse potuto farmi del male”.
Stelio Fergola