La polemica tra Piero Pelù e Matteo Renzi, partita dopo l’esibizione della rockstar sul palco del concerto del Primo maggio, non si placa. Anzi, si trasforma: quello che era lo scontro tra il cantante e il presidente del Consiglio (definito “boy scout di Licio Gelli”) è diventato, infatti, un vero e proprio botta e risposta tra il leader dei Litfiba e la famiglia del premier, rievocando vecchi dissapori risalenti agli anni in cui Renzi ha amministrato Firenze. Tiziano, il padre di Matteo, ha risposto su Facebook a Pelù che pochi giorni fa lo ha definito, durante un’intervista alla Stampa, “noto massone, ben inserito nel tessuto toscano, che ha in mano molta disinformazione”. Papà Renzi, nel replicare, non si è particolarmente soffermato a curare la forma grammaticale né tantomeno l’eleganza espressiva: “Sono onorato – ha postato sul social network – di non aver mai avuto rapporti di conoscenza con quel personaggio che spara merda sulla mia famiglia”. Secondo Tiziano Renzi, Pelù “per vendere un disco in più, dà aria alla bocca emettendo rantoli indecifrabili, totalmente privi di attinenza alla realtà”.
Negli scorsi giorni, una serie di retroscena alla vicenda ha destato sospetti sulle motivazioni che avrebbero spinto Pelù a un così duro attacco al premier. Tra tutti, emerge l’incarico ricevuto dal leader dei Litfiba per coordinare le manifestazioni culturali nella città di Firenze dalla giunta Domenici nel 2007. Nella versione dei renziani, il cantante sarebbe risentito perché nel 2009 l’allora sindaco Renzi non riconferì l’incarico di direttore degli eventi estivi al cantante. Pelù sostiene invece tutt’altro: “Ho creato Fiesta (Firenze Estate) nel 2007 con la vecchia amministrazione ma dopo dieci mesi di superlavoro ho lasciato quell’incarico di mia spontanea iniziativa perché non mi piacevano i giochi sporchi che si facevano con il denaro pubblico”. In realtà, dagli articoli apparsi nel novembre 2007 sulle cronache locali, Pelù aveva deciso di lasciare l’incarico per i suoi impegni professionali e per questioni personali, ma ammise che avrebbe valutato future offerte, una volta portato a termine il lavoro per l’album in uscita e il relativo tour.
Il cantante è anche ritornato su una delle dichiarazioni fatte sul palco di piazza San Giovanni, nella quale definiva “elemosina” l’aumento di 80 euro mensili che il governo ha destinato alle buste paga dei dipendenti, grazie al provvedimento sull’Irpef. I sostenitori di Renzi hanno definito “milionario fuori dalla realtà” il cantante che, sminuendo l’importanza di quella cifra, avrebbe mancato di rispetto a chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese. “So che ci sono milioni di italiani che sopravvivono con stipendi e pensioni da fame – ha scritto su Facebook Pelù -, a voi va tutto il mio rispetto e la mia solidarietà. Non volevo certo offendervi”. Infine Pelù ha invitato tutti i detrattori a riguardare il documentario del tour dei Litfiba del 1995 per rispondere alle polemiche sul suo incontro con il capo della P2 Licio Gelli, vicenda avvenuta nello stesso anno e ripresa ironicamente dal senatore Pd Andrea Marcucci.
Roberto Rotunno