Otto gli emendamenti presentati all’ultimo momento sul decreto lavoro che alzano la tensione tra governo e sindacati. La misura più criticata è la proposta di sopprimere l’obbligo di assunzione in caso di sforamento della quota del 20% dei contratti a termine. I sindacati non la prendono bene: ieri, da Rimini, dove erano in corso le Giornate del Lavoro, la leader leader della Cgil Susanna Camusso ha criticato la scelta del premier Renzi di disertare la kermesse, denunciando inoltre che “la riassunzione dei lavoratori trasformata in una modalità pecuniaria è il via libera all’illegittimità dei rapporti».
Dello stesso avviso è anche il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni che, dicendosi preoccupato per il «palese menefreghismo che c’è nei confronti dei lavoratori», ha sottolineato come gli ultimi ritocchi al Jobs Act sono andati ulteriormente a favore delle aziende.
Renzi incassa con aplomb, statuendo che le critiche ricevute sono motivate unicamente dalla paura che ha l’istituzione dei lavoratori di perdere potere. Per il premier, “i sindacati si preoccupano solo di chi il lavoro ce l’ha o di chi è in pensione. Le loro sono critiche pretestuose – aggiunge – ma la verità è un’altra: stiamo rivoluzionando il Paese e c’è chi resiste.”
La replica arriva dal segretario generale della Fiom Maurizio Landini, intervistato oggi da Repubblica. “Renzi vuole fare la rivoluzione? Io più di lui. Francamente non vedo cosa ci sia da difendere in un paese che ha l’età pensionabile più alta d’Europa, i salari più bassi, e i giovani precari”.
Mancano ormai meno di due settimane alla conversione in legge del decreto Poletti che contiene la prima parte del famigerato Jobs Act targato Renzi. Tutto fa pensare che, se il governo continuerà a restare sordo alle richieste dei sindacati, il livello dello scontro è destinato ad alzarsi.
Raffaele Sardella