Il direttore del quotidiano torinese “La Stampa”, Mario Calabresi, ha presentato – nell’ambito dell’ottava edizione del Festival internazionale del giornalismo di Perugia – il suo nuovo libro “A occhi aperti”. Un viaggio attraverso gli scatti di 10 grandi fotografi che hanno immortalato quei momenti che fanno storia e che Calabresi ha intervistato. L’attenzione che un giornalista riserva alla fotografia deriva dalla natura stessa di questa forma d’arte, che «ci ricorda – spiega Calabresi – quello che dovrebbe essere il giornalismo, testimonianza diretta e non un raccontare per sentito dire».
E tra le pagine del suo libro, edito da Contrasto, trovano posto gli scatti di fotogiornalisti che hanno documentato la realtà in prima persona, rischiando anche di pagarne il prezzo. Si passa così dall’iraniano Abbas – che documentò con i suoi scatti il passaggio dalla monarchia persiana alla Repubblica islamica – al britannico Donald McCullin che raccontò la guerra a Cipro. Proprio grazie alle interviste di Calabresi, oggi, siamo in grado di scoprire il contesto, il sostrato che le foto lasciavano soltanto immaginare. Si scoprono anche storie particolari, sconosciute ai più. Paul Fusco, ad esempio, è un fotogiornalista americano che nel giugno del ‘68 immortalò il “Funeral train” che trasportava il feretro di Bob Kennedy da New York a Maryland. Dal treno presidenziale, intuì che la vera notizia non stava nel convoglio ma nella messe di gente, di ogni ceto sociale, che lungo i 328 Km di strada ferrata salutava per l’ultima volta il presidente. Una famiglia disposta in ordine di altezza, un’altra con la mano sul cuore, due ragazzi appoggiati ad una moto, gente povera che si mette sull’attenti. «È uno scorcio di America – precisa Calabresi – che, insieme a Bob Kennedy, salutava per sempre un sogno, quello dei Kennedy e di Martin Luther King». Per 30 anni, però, queste foto sono rimaste confinate negli archivi della Look magazine, che si rifiutò di pubblicarle. Invano Fusco cercò di vendere le 80 copie in suo possesso. Solo grazie a una giovane photo editor della Magnum, nel 1998, gli scatti vennero pubblicati e iniziarono a fare il giro del mondo. Da quel momento il “Funeral train” sarà un successo planetario e quella galleria umana che scivolava ai bordi di un treno renderà attuale una storia dal sapore antico.
«I premi fotografici – precisa Riccardo Venturi, uno dei tre giovani fotografi italiani invitati da Calabresi – hanno deviato il fotogiornalismo dall’idea di lavorare per la storia», quell’idea che animava i vecchi fotografi. Alla fine di questo tuffo nel passato, c’è posto per un’ultima riflessione che lega la fotografia al giornalismo. «Nell’epoca in cui tutto si brucia in 140 caratteri – conclude l’autore del libro – fare giornalismo è seguire la storia quando i riflettori dei media si spengono».
Calabresi presenta “A occhi aperti”, quando la storia si ferma davanti a un obiettivo
03 Maggio 201454