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Credere in chi è in-formato, i nuovi watchdogs del giornalismo in crisi

di Elisa Mariella02 Maggio 2014
02 Maggio 2014

fotoFormazione continua, certificata e indipendente come soluzione alla crisi del mondo giornalistico e di chi ne fa parte.  Come restituire fiducia agli utenti dell’informazione e come farne di corretta, per far sì che nessuno possa sentirsi ingannato da chi per mestiere si occupa di notizie? A Perugia ne hanno parlato, mettendo a confronto i diversi “metodi formativi” per i giornalisti di domani, Sergio Rizzo del Corriere della Sera (in foto), Gerardo Greco (presentatore del programma Rai Agorà), Anne Morrison director della BBC Academy, Steve Doig giornalista statunitense e docente presso la scuola di giornalismo “Walter Cronkite” dell’Arizona, USA. A fare da mediatore all’incontro Fausto Bertuccioli (Rai Radio News) che ha lanciato la “patata bollente”: quanto sono credibili oggi i giornalisti e quanto serve formarli affinché rimangano la stella polare dell’informazione?

Dare ai giovani operatori del settore gli strumenti giusti per lavorare fornendo un servizio alla comunità è fondamentale, come ha sottolineato la Morrison: la BBC mette a disposizione del proprio personale interno una scuola di giornalismo obbligatoria e continuativa nel tempo, avvalendosi dell’uso di tecnologie come tablet e smartphone, strumenti indispensabili per diffondere velocemente una notizia. Nella scuola americana “Walter Cronkite” i docenti (che, come ha precisato Doig, svolgono più un ruolo di editors e non di teachers vecchio stampo) forniscono agli studenti l’insegnamento di base per poi mandarli per strada, in giro, a scrivere storie, a consumare la suola delle scarpe. È quindi necessario “svecchiarsi” se si vuole superare la crisi: “non si ha più fiducia nel giornalista perché spesso quest’ultimo fa cattiva informazione – ha sottolineato Rizzo – , fornendo così un servizio scadente”. Ai tagli bisognerebbe sostituire una buona formazione, eliminare la “casta” che non permette il ricambio generazionale all’interno delle redazioni. Di formazione aziendale si parlerà presto anche in Rai: c’è bisogno di watchdogs, cani da guardia che non solo “stanno sulla notizia” ma la monitorino, verifichino e rettifichino se necessario.

Il confronto fra due diversi tipi di giornalismo, quello europeo di stampo e tradizione francese e quello angloamericano, più moderno e vicino al concetto di informare (e formare) senza discriminazioni e correttamente ha ricordato a tutti che le notizie ci sono e ci saranno sempre. Sta a chi le raccoglie, diffonderle senza stravolgerne il significato: in questo senso, il journalism training italiano ha ancora molto da imparare dai colleghi vicini e lontani.

Elisa Mariella

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