Il diktat con il quale Matteo Renzi aveva fatto tremare stanze e poltrone di villa Lubin, sede del Cnel, minacciando la soppressione di questo organismo costituzionale, sembra concedere una breve tregua a consiglieri e dipendenti sollevati da una decisione giunta proprio ieri al termine di una lunga assemblea. Su proposta del presidente Antonio Marzano Cnel ha deciso di restituire al ministero dell’Economia in conto entrate dello Stato, un avanzo di bilancio pari a 20 milioni di euro, cifra che coincide con i costi imposti annualmente dal mantenimento dell’ente.
Una restituzione che segue quelle già effettuate in due soluzioni negli anni scorsi per un totale di oltre 8 milioni e 200mila euro, frutto del riordino del consiglio. Una riorganizzazione interna che prevede un potenziamento dell’efficacia della macchina di villa Lubin e l’internalizzazione di alcuni servizi e consulenze.
La somma che l’assemblea presieduta dall’ex ministro delle attività produttive del governo Berlusconi, Antonio Marzano, che a breve festeggerà i dieci anni sulla tolda di comando del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, provvederà a restituire, tiene conto anche dei risparmi già prevedibili per il corrente esercizio finanziario e che saranno quantificati in occasione di una nuova assemblea già prevista per la metà di maggio
“Adesso il Cnel potrà continuare la propria attività” dice Marcello Tocco, consigliere di Cnel e coordinatore dell’Osservatorio socio-economico sulla criminalità. “La restituzione della somma sarà accompagnata da un processo di autoriforma dell’ente, che prevede, tra le altre cose, la possibilità per noi consiglieri, di lavorare gratis. Con questa scelta si giunge ad una somma 8 volte superiore rispetto a quella che si sarebbe ottenuta tagliando le indennità a noi consiglieri” continua Tocco ribadendo la volontà dell’ente di agire sempre in maniera trasparente e corretta.
La soluzione a sette zeri tirata fuori dal cappello dell’organo all’indomani della decisione di Renzi che ne aveva minacciato la scomparsa, suscita non pochi dubbi sui motivi di una scelta che giunge in extremis, come viatico ad un game over preannunciato. Che funzioni o no l’ultima parola spetterà alla politica.
Samantha De Martin