Questa mattina si sarebbe potuta concludere la quasi-ventennale vicenda giudiziaria dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, condannato a sette anni di reclusione, sia in primo che in secondo grado, per concorso esterno in associazione mafiosa e ora giunto al terzo e ultimo grado di giudizio. L’udienza di fronte alla prima sezione penale della Cassazione, però, non ha avuto esito e anzi, nel giro di quarantott’ore, il filo della giustizia si è terribilmente aggrovigliato.
I “contrattempi” legati all’arresto in Libano del latitante Dell’Utri, così come la malattia simultanea e impossibilitante che ha colpito entrambi i legali del senatore, hanno impedito il regolare svolgimento del processo. I due avvocati che oggi hanno sostituito i difensori di Dell’Utri hanno quindi presentato una richiesta di rinvio, accolta dal presidente della prima sezione penale, Cristina Siotto, che ha rimandato l’udienza al 9 maggio.
E a proposito di udienze mancate: non ci sarà neanche quella per la convalida dell’arresto di Dell’Utri a Beirut. La legge libanese non la prevede, perché il reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” esiste solo nel nostro paese. I magistrati locali ascolteranno l’ex senatore solo dopo aver ricevuto la richiesta di estradizione dall’Italia, inviata oggi da Galasso, e le cui procedure comincerebbero comunque dopo la sentenza della Cassazione. “Fino alla ricezione del dossier con la richiesta di estradizione non ho nemmeno l’obbligo di vedere il detenuto per un’udienza”, ha detto il procuratore generale della Cassazione libanese, Samir Hammud. «Quando riceverò il file dall’Italia» – ha proseguito Hammud – «dovrò studiarlo e interrogarlo. Successivamente presenterò al ministro della Giustizia una relazione con parere favorevole o contrario alla richiesta di esteradizione. Sarà poi il potere esecutivo a prendere la decisione finale con un provvedimento che dovrà essere firmato dallo stesso ministro della Giustizia, dal primo ministro e dal presidente della Repubblica».
Questione di tempistiche, dunque. Cosa che non rasserena affatto gli animi del procuratore Galasso e della parte civile, visti i 18 anni che ci sono voluti per arrivare in Cassazione, le 253 udienze e i 270 testi ascoltati solo nel primo grado di giudizio, la riapertura dell’istruttoria dibattimentale, in secondo grado, dovuta alle rivelazioni del neo-pentito Gaspare Spatuzza, e il palleggio di competenze fra i tribunali di Roma, Palermo, Milano e ora Beirut.
Ad ogni modo, nonostante gli “imprevisti” e il groviglio, è difficile che venga negata l’estradizione, possibile solo in caso di accusa per reati politici o di mancata consegna dei dossier da parte del paese richiedente entro il termine previsto di 30 giorni. L’ultima speranza del cofondatore di Forza Italia e dei suoi due avvocati malati è l’annullamento della seconda sentenza d’appello da parte della Cassazione e l’apertura di un terzo nuovo processo. In quel caso la prescrizione – prevista per il prossimo 30 giugno – arriverebbe quasi con certezza matematica.
Dell’Utri, slittano la sentenza in Cassazione e la convalida dell’arresto a Beirut
15 Aprile 201450
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