Ascolti in discesa e annata in salita, nei primi mesi del 2014, per le reti di Stato griffate Rai. Parecchi sono i problemi che le affliggono, ma non sono altrettante le misure necessarie a contrastare un fenomeno che da tempo affligge la tv nazionale, considerata vecchia e anacronistica rispetto alle concorrenti. Stefano Balassone, storico dirigente Rai, ha pubblicato un editoriale sul quotidiano Europa dove spiega che i primi tre canali, solo sul telecomando, «si difendano solo in prima serata. E il governo non può far finta di non vedere».
Esaminando i dati auditel di marzo, nell’intera giornata, lo share totale della Rai si attesta al 36, 9%, perdendo per strada circa 4 punti rispetto al 2013. Tradotto in percentuale l’ascolto è calato del 13,5%: Rai 1 si attesta al 17,6% di share, Rai 2 al 6,2% e Rai 3 è addirittura scesa del 20,4%. Numeri di certo non trascurabili. E le alte sfere della televisione di Stato come pensano di risolvere la situazione? Come pensano di investire i 113,50 euro versati dai contribuenti? Don Matteo, il classico intramontabile che fa i botti d’ascolti e rassicura i giovedì sera del pubblico nostrano, è gradito da un’ampia fascia d’età, dai più piccoli agli over 50. Ma il problema è sempre quello: richiamare un pubblico più giovane a sintonizzarsi sulle frequenze di Stato. Attualmente, l’azienda sta optando per un refresh delle reti, cancellando programmi fallimentari e senza ascolti, attuando staffette tra conduttori – clamorosa per gli aficionados di Carlo Conti la sostituzione con Fabrizio Frizzi a “L’eredità”, però si parla già di una probabile conduzione del festival di Sanremo per l’abbronzatissimo conduttore toscano – e inserendo nella programmazione show di media durata, cui scopo primario è evitare di annoiare il telespettatore.
A rilanciare la rete ammiraglia nel primo pomeriggio ci penserà l’intramontabile Antonella Clerici, sempre pronta a spadellare e ad assaggiare nuovi piatti nello storico format de “La prova del cuoco”, che prenderà il posto di un “Verdetto finale” che ormai sancisce le pennichelle di una buona fetta dell’italico pubblico pomeridiano. A supporto della Clerici, interverranno a “La vita in diretta“ Marco Liorni e Cristina Parodi, pronti a dare nuovo brio allo storico marchio padrone del daytime Rai. All’orizzonte si prospettano anche nomi altisonanti: Roberto Benigni, con il suo spettacolo sui “Dieci Comandamenti” e Fiorello, con un progetto ancora avvolto nel mistero. A loro è consegnato il gravoso fardello di rubare share alle avversarie della rete pubblica, Sky in primis.
Interessante la proposta di puntare sui volti made in web, investendo su progetti che coinvolgeranno i famosi youtubers The Pills e Willwoosh, nella speranza che non vengano loro tarpate le ali, e l’ormai consacrato Pif, che riediterà il suo “La mafia uccide solo d’estate”, in una serie televisiva. Contestualmente, gli uffici di viale Mazzini lavoreranno per inserirsi nel mercato dello streaming, creando una piattaforma in grado di reggere il confronto con mostri sacri del genere, quali Sky Online e Infinity, per inserirsi così in una fetta di mercato che sta facendo innamorare nuovamente il grande pubblico del piccolo schermo. Finalmente un po’ di coraggio e voglia di rispolverare una programmazione ancora troppo legata a canoni e stereotipi che si rifanno al mesozoico della televisione.
Proprio Rai 3, da sempre la rete di nicchia tra le tre reti pubbliche, che accoglieva nel suo palinsesto format sempre particolari e in controtendenza alla tv generalista delle due “sorelle”, sta accusando da un bel po’ di tempo un indebolimento e un abbassamento di livello che l’ha portata a diventare una tra le tante reti. Eppure, nel tempo, ha collezionato programmi degni di nota, che hanno fatto la storia e che hanno lanciato alcune tra le più celebri figure televisive. Tra i tanti: “Samarcanda” di Santoro, “Linea Rovente” di Ferrara, passando per “Chi l’ha visto?” fino ad arrivare al trentennale “Processo di Biscardi” e all’ispirato “Blob”. L’unico guizzo odierno è dato da “Gazebo”, piccola chicca che mischia al suo interno sapori tipici della televisione nostrana a spezie provenienti dall’esotico world wide web. Ma nonostante la novità – non solo della rete, bensì di tutta la televisione italiana – il terzo canale sta subendo un processo di erosione che nell’ultimo quadrimestre è aumentato sempre più, addirittura un quarto del pubblico totale rispetto all’anno passato.
Non sarebbe bene, quindi, rivedere l’attuale tripartizione e fondere l’intero palinsesto, quantomeno quello di Rai 1 e Rai 3, così come fece a suo tempo la britannica Bbc, che unì la prima e la terza rete, in modo tale da offrire una programmazione più fresca e, soprattutto, caratterizzata da un più alto tasso d’intrattenimento?
Renato Paone