La spending review non è uno scherzo. Questa volta se ne accorgeranno anche i dipendenti del ministero degli Esteri, in particolare nei suoi vertici e stipendi più onerosi, gli ambasciatori. Figure iper-qualificate, vincitori di concorsi pubblici, tra la schiera dei garantiti, anche loro ne faranno le spese, secondo le promesse del nuovo ministro Mogherini: “108 milioni di euro in tre anni”, cominciando da “16 milioni nel 2014, 42 milioni nel 2015 e 52 nel 2016”.
Eppure lo Stato italiano spende in diplomazia circa un decimo di quanto non facciano gli altri membri del g7. A fronte dello “0,2% del bilancio statale” dedicato alla Farnesina, “la Francia destina alla propria diplomazia l’1,8% e la Germania l’1,1%”.
Se gli stipendi base dei collaboratori del ministero degli Esteri italiano a confronto con quelli dei colleghi degli altri paesi non sono esagerati (e anzi i nostrani avrebbero qualcosa da recriminare), le spese da rivedere e contenere sono quelle di rappresentanza dall’indennità di servizio all’estero, riducendole in modo progressivo fino a un taglio a regime di circa il 20%. Un po’ come succede con la diaria dei deputati, la busta paga dei diplomatici italiani sale grazie ai rimborsi spese. Ma per ora a differenza dei colleghi della politica interna, non si sono resi partecipi di scandali di rimborsi gonfiati e peculato.
Le altre voci da tagliare riguarderanno “la riorganizzazione della rete diplomatica consolare e culturale, il contributo in termini sostenibili agli organismi internazionali e la razionalizzazione del patrimoni immobiliare all’estero”. Si applica inesorabilmente il modello-Cottarelli anche agli Esteri, quindi.
Anche se la Farnesina ha da sempre fatto il suo dovere anche in questo campo, considerando per esempio che dal 2008 il costo del ministero degli Esteri è diminuito del 25%, “rideterminando gli organici con il 20% di diplomatici e il 10% di funzionari in meno e intervenendo sulla rete estera”.
Il ministro Mogherini ha difatti chiosato: “è comunque il dicastero meno costoso”.
Ma con Cottarelli non è evidentemente mai abbastanza.
Nicola Maria Stacchietti