L’ex sottosegretario Nicola Cosentino è finito di nuovo in carcere. Questa volta l’accusa è di estorsione e concorrenza sleale aggravata dalla finalità camorristica e viene mossa dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli nei riguardi di quello che è considerato dagli inquirenti il referente nazionale dei boss di Gomorra, assieme ad altre dodici persone tra cui i due fratelli di Nick o’mericano. L’operazione è stata condotta dai carabinieri di Caserta e tra gli arrestati figurano anche i due fratelli di Michele Zagaria, uno dei capiclan casalesi.
Secondo la procura, i Cosentino avrebbero avuto un rapporto stabile con i casalesi e avrebbero falsato la concorrenza nel settore delle forniture di carburanti, costringendo la Regione Campania e il Comune di Casal di Principe ad adottare atti illegittimi per favorire le aziende di famiglia, l’Aversana Petroli, l’Aversana Gas e l’Ip service, a danno delle altre imprese operanti nel territorio. “Attraverso un sistema di coercizione – si legge sull’ordinanza – nei confronti di amministratori e funzionari pubblici locali”.
Il ruolo dei clan mafiosi sarebbe consistito, sempre secondo gli inquirenti, nell’impedire che gli impianti di proprietà della famiglia dell’ex sottosegretario divenissero oggetto di estorsioni. L’inchiesta è partita dalla denuncia di un imprenditore concorrente, Luigi Gallo, che tre anni fa aveva ottenuto una licenza che impediva ai Cosentino di ottenerne un’altra a meno di cinque chilometri di distanza, per le leggi sulla concorrenza. Per questa ragione, la famiglia del politico si saerbbe attivata dapprima per far ottenere comunque una concessione edilizia ad una società collegata e in seguito per far rimuovere il dipendente comunale che aveva firmato l’autorizzazione all’imprenditore concorrente. Oltre a minacciare Gallo. Le aziende di famiglia dell’ex sottosegretario avrebbero insomma costruito una sorta di “cartello” nel settore della vendita di carburanti sfruttando metodi criminali e l’appoggio dei clan camorristi.
Per Nicola Cosentino si tratta di un ritorno in carcere. Aveva subito il primo arresto all’indomani delle elezioni politiche 2013, nelle quali non era candidato. Circostanza che gli fece perdere l’immunità parlamentare che a gennaio 2012, con il voto della Camera dei Deputati, gli permise di evitare il carcere richiesto dalla procura che lo accusa di essere il referente nazionale dei casalesi. Negli scorsi anni è stato coinvolto anche nelle inchieste sullo smaltimento di rifiuti tossici in Campania e nelle indagini sulla cosiddetta “nuova P2”.
Roberto Rotunno