L’udienza della Corte di Assise di Chieti del 28 marzo è l’ultimo atto giudiziario che coinvolge il colosso italiano della chimica, il gruppo Montedison, nella vicenda della discarica di Bussi – in Abruzzo – e dell’inquinamento delle acque denunciato dall’Istituto Superiore di Sanità nella relazione resa nota nel mese di gennaio. Almeno dal 1992 al 2007 l’azienda avrebbe contaminato le acque della Valpescara e dintorni, 25 ettari di terreno secondo la relazione, e circa 700 mila persone. I valori rilevati dall’ISS sono più alti del limite di legge di centinaia di migliaia di unità. “Non ne ero a conoscenza”, dice Luigi Guerracino, direttore dal 1998 al 2002 dello stabilimento Montedison che avrebbe inquinato la falda, sentito come test dai pm. E aggiunge: “Quando ho visto i dati sul mercurio, nel 2002 ho chiesto al sindaco di Bussi di convocare una conferenza di servizi: c’è stata dopo circa un anno dalla mia richiesta e quando io ero già andato via”.
Lo scaricabarile è in atto, anche se le istituzioni non hanno brillato per trasparenza. Comunque il Comune di Bussi, Pescara, Provincia e altri 23 tra enti istituzionali e associazioni ambientaliste si sono costituiti parte civile.
E nell’udienza del 28 marzo è stata confermato nella lista di coloro che richiedono i danni anche il gruppo belga Solvay, l’azienda che ha rilevato la proprietà del sito dalla Montedison.
In aggiunta il processo si è svolto a porte chiuse (seguendo le richieste dei difensori che hanno scelto il rito abbreviato e per questo hanno visto riconosciute le loro pretese), nonostante le sollecitazioni dei pm Giuseppe Bellelli e Anna Rita Mantini nei confronti dei 19 imputati, quasi tutti ex amministratori della Montedison. Gli avvocati della Montedison hanno lamentato un “circo mediatico giudiziario insostenibile” attorno alla vicenda, sostenendo che le conseguenze sull’ambiente e le persone non siano così gravi come la stampa ha riportato in questi mesi.
Nel corso dell’udienza è stato sentito anche il perito chimico Maurizio Pizzardi dell’Hcp che per l’Ausimot eseguì le analisi di acque e terreno della zona inquisita, riscontrando incongruenze con i dati rilevati e forniti alle autorità da parte del laboratorio interno dell’azienda. Le prossime convocazioni in aula sono il 6 e l’11 aprile.
Nicola Maria Stacchietti