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Un anno e mezzo da “pr del Papa”. Gregory Burke incontra gli studenti della Lumsa

di Anna Bigano28 Marzo 2014
28 Marzo 2014

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Lo chiamano “il guru del Papa”, ma lui non si sente troppo a suo agio con questa definizione. Originario del Missouri, ma a Roma da molti anni, Gregory Burke è a capo dell’ufficio comunicazione della Segreteria di Stato della Santa Sede. Stamattina ha incontrato gli studenti Lumsa per ripercorrere la sua carriera e raccontare la sua esperienza a fianco dell’uomo che per molti è il più grande rinnovatore delle istituzioni ecclesiastiche.

Da New York a Roma. Dopo la laurea in giornalismo alla Columbia University, Burke lavora per un piccolo quotidiano di New York con una tiratura di 11 mila copie, poi per Reuters, Metropolitan, National Catholic Register (per cui diventa corrispondente da Roma) e Time. Nel 2001 diventa corrispondente dalla capitale per Fox News, all’epoca ancora una piccola emittente, finché viene chiamato in Vaticano come advisor per la comunicazione: «Mi hanno dato 24 ore per decidere. Io ho detto “no”, poi “ni” e infine ho accettato. Ero spaventato, ma il fatto che avessero pensato a me mi lusingava».

Dietro le quinte. Presso la Santa Sede, Burke ha oggi un ruolo fondamentale. Si occupa di definire le strategie di comunicazione e di coordinare i vari mezzi d’informazione vaticana, dalla radio alla tv, dalla carta stampata ai social network (è anche membro della squadra che gestisce l’account Twitter ufficiale @pontifex). Sulle doti comunicative di papa Francesco, ha confessato, all’inizio aveva qualche dubbio: «Era già nella mia personale lista dei papabili, ma in tutti gli anni in cui è stato arcivescovo di Buenos Aires aveva rilasciato solo sette o otto interviste. Però quando si è affacciato dal balcone di piazza San Pietro e ha chiesto alla folla di pregare per lui, mi sono subito ricreduto».

Un comunicatore effective. Che cosa rende papa Francesco un ottimo comunicatore? «Il messaggio innanzitutto. La parola chiave è mercy, compassione. Francesco ha restituito alla Chiesa la sua immagine di madre pronta ad accoglierti, non importa quanto tu ti sia allontanato. In secondo luogo, la sua autenticità e spontaneità». Le caratteristiche, in pratica, che fanno sì che il pontefice non abbia paura di abbracciare i malati gravi, ma non sdegni nemmeno un selfie, un autoscatto, con i fedeli più giovani: «Non potremmo ottenere immagini così perfette neanche girandole apposta». Non sempre, comunque, il Papa rende la vita facile al suo team. L’apertura verso le grandi questioni sociali ed etiche, ad esempio, da un lato lo rende gradito anche a tanti non cattolici, dall’altro rischia di originare un dibattito feroce, difficilissimo da gestire – sotto il profilo comunicativo – per i suoi consulenti.

Le doti del pr. Agli studenti che gli hanno chiesto come si diventa pr di un grande personaggio pubblico, Greg Burke risponde che le doti necessarie sono abbastanza simili a quelle di un bravo giornalista: «Una buona scrittura, pensieri chiari e precisi e tanta esperienza per cogliere le migliori opportunità». E poi essere rapidi, concisi e brillanti, come l’amico Filippo Sensi, capo dell’ufficio stampa del Pd: «Dopo il celebre discorso del papa sulla tenerezza, lui ha twittato “Tender is the Pope”. Un gioco di parole con il titolo del più bel romanzo di Fitzgerald, fantastico».

Anna Bigano

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