La Serbia dei conservatori filoeuropei ha vinto le elezioni. Con il 48,8% dei consensi il Partito del progresso serbo (Sns) del presidente Tomislav Nikolic e del vicepremier Aleksandar Vucic ha conquistato156 dei 250 seggi disponibili in parlamento, distanziando di diversi punti gli altri partiti in corsa. Solo 45 seggi sono andati infatti al Partito socialista (Sps), che si attesta al 14,05%. A seguire il Nuovo Partito Democratico al 5,86% (18 seggi) e il Partito Democratico al 5,46% (17 seggi), le altre due forze politiche riuscite a superare la soglia di sbarramento del 5%.
Festeggia insieme ai suoi elettori il giovane Vucic, il quale aveva fortemente spinto per ottenere il voto anticipato e cita De Gasperi durante il suo discorso ai sostenitori: “Anch’io intendo lavorare per il bene delle future generazioni e non per il bene delle prossime elezioni”, ha affermato nella serata del 15 Marzo, quando ormai la maggior parte dei seggi erano stati scrutinati e la vittoria risultava certa.
Un esito, in realtà, che appariva scontato già prima delle votazioni, tuttavia il Partito del Progresso può vantare un risultato mai ottenuto nei 24 anni di multipartitismo, da quando nel 1990 si tennero nel paese balcanico le prime elezioni a democrazia rappresentativa.
In quell’anno a trionfare fu il partito di Milosevic, che si fermò al 46,10 % dei voti.
Un paese difficile la Serbia, negli anni devastato da numerose guerre e che adesso è pronto a stringere i denti nel tentativo di riuscire ad entrare a far parte dell’Unione Europea. L’obiettivo dichiarato è l’annessione entro il 2020, ma il percorso risulta tutt’altro che in discesa: la disoccupazione è ancora oltre il 20%, il debito pubblico superiore al 60% del pil e il deficit di bilancio si mantiene da alcuni anni al di sopra del 7%. Il nuovo esecutivo è comunque pronto ad affrontare la sfida e si dichiara deciso a risolvere una volta per tutte la difficile questione Kosovo.
Silvia Renda