Cinquantaquattro anni fa Vittorio De Sica riusciva a portare sullo schermo con estrema veridicità il dramma di migliaia di cittadini italiani che si trovarono sulla cosiddetta Linea Gustav negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Tante furono le famiglie in quegli anni costrette ad abbandonare le proprie case nella speranza di salvarsi e probabilmente De Sica scelse di ambientare il suo film in un paesino pressoché sconosciuto della Ciociaria, Sant’Eufemia, nei pressi di Fondi, proprio per connotarlo di una certa universalità. Il dramma dei bombardamenti, delle vite spezzate, degli stupri e delle violenze da parte dei soldati stranieri non colpì soltanto Cassino, ma anche tutta l’area limitrofa.
La miseria De Sica la cuce addosso a due donne: Cesira e la figlia tredicenne Rosetta che prendono la decisione di scappare da Roma, città allo sbando, piegata dai bombardamenti e dall’occupazione nazista. Purtroppo il viaggio verso il paese natale di Cesira, Sant’Eufemia, non le salverà dai pericoli e dagli orrori della guerra: i soprusi e le privazioni non causeranno solo danni fisici sulle due, ma avranno anche e soprattutto un impatto psicologico tremendo. Rosetta, violentata da un gruppo di soldati alleati, cesserà di essere una bambina e diventerà una giovane adulta tormentata, restia a rapportarsi con la madre, e Cesira si sentirà persa nel comprendere che il mondo sta rubando l’innocenza a sua figlia, senza che lei possa fare nulla per impedirlo.
“La Ciociara” rappresenta perfettamente il cinema italiano degli anni ’60, ancora in parte legato ai canoni del Neorealismo, corrente artistica cui aderirono tutti i principali esponenti del cinema italiano tra il 1945 e il 1955 circa, seppur con importanti cambi di rotta. Uno su tutti, la scelta di affidare il ruolo di Cesira alla già allora nota Sophia Loren, anziché a una non professionista, come De Sica era solito fare nel suo periodo neorealista (si pensi al superbo “Ladri di biciclette”). Una scelta che risulta vincente: la Loren è la grande forza di questa pellicola poiché sa incarnare il dolore, la rassegnazione, l’impotenza, le ferite di un popolo circondato dalla violenza e impossibilitato a fuggirne. Non a caso, fu questo il ruolo che consacrò l’attrice nell’Olimpo hollywoodiano; i panni di Cesira le valsero, tra gli svariati premi, l’Oscar come Miglior Attrice Protagonista, il primo conferito dall’Academy per un’interpretazione in lingua straniera.
Corinna Spirito